Da quando mia padre se ne era andato di casa, lasciando sole mamma, mia sorella e me, avevamo dovuto darci molto da fare per sopravvivere.
Lui era praticamente sparito, mia mamma non aveva mai voluto indagare troppo ma io nutrivo la sensazione che fosse scappato con un’altra donna, abbandonando noi al nostro destino. Mia sorella aveva appena 14 anni e andava ancora a scuola. Io ne avevo 19 e stavo frequentando l’Università, mentre mamma lavorava praticamente tutto il giorno in una cooperativa di pulizie per poter pagare il mutuo della casa e tutte le relative spese. Oltre a doversi occupare del nostro sostentamento.
Decisi di abbandonare gli studi, o almeno di rallentarli. Dovevo aiutare anche io, non c’era altro modo. Mamma aveva combattuto perchè non prendessi questa decisione, riuscii a tranquillizzarla dicendole che sarei comunque riuscita a portare avanti gli studi pur lavorando.
Trovai impiego in un fast food, gli orari erano massacranti ma almeno entravano altri soldi in casa. Mia mamma continuava a ripetere che prima o poi avrebbe trovato il modo di risolvere la situazione per permettermi di concentrarmi di nuovo solo sugli studi.
Mamma Silvia non aveva più voluto conoscere altri uomini, era rimasta troppo delusa. Nonostante fosse ancora una bella donna, con i suoi 43 anni e un bel corpo, a parte qualche chilo di troppo. Qualche amico aveva provato a convincerla a uscire, anche solo per svagarsi. Ma lei pensava solo a lavorare e a lavorare.
L’avevo sempre ammirata, aveva una forza incredibile e non si abbatteva mai.
Un giorno mentre ero al lavoro al fast food mi sentii male. Ebbi uno svenimento. Nulla di strano, avevo sempre sofferto di pressione bassa e con il caldo estivo mi capitava di avere dei mancamenti. Trovai il mio capo, notoriamente cinico, “in buona” quel giorno. E mi disse di prendermi una mezza giornata di riposo, rispedendomi a casa. Volevo rimanere ma lui fu categorico:
“Francesca vai a casa, non ti preoccupare ci pensiamo noi qui oggi”.
Lo ringraziai, non volevo e soprattutto non potevo permettermi di perdere quel lavoro. Presi la mia roba e tornai a casa. Noi abitiamo in una casa indipendente, un terra tetto su 3 livelli. Una casa che a me era sempre piaciuta molto. Ma che ovviamente costava molto mantenere.
Notai che davanti casa era parcheggiata l’auto di mamma e accanto un’auto di grossa cilindrata nera. Non avevo mai visto quell’auto a giro. Trovai anche strano che a quell’ora mamma fosse già a casa. Aprii la porta ma non trovai nessuno. Andai in cucina e anche questa deserta. Salii le scale che portano al primo piano dove c’è la camera mia e di mia sorella e cominciai a sentire dei rumori provenire dal piano superiore, dove invece c’è la camera di mamma.
Mi spaventai, pensai a dei ladri in casa, ma avevo trovato la porta chiusa, nessun segno di effrazione. E poi l’auto di mamma era davanti casa. Doveva esserci lei. Ebbi un’illuminazione! Probabilmente mia mamma era in camera con qualcuno! Finalmente, pensai! Ero curiosa e volevo comunque essere certa che mamma stesse bene e che al limite fosse davvero con un uomo.
Mi sfilai le scarpe per non fare rumore e salii le ultime scale senza fare rumore, sentii dei gemiti. Era sicuramente con un uomo. E dalla macchina parcheggiata fuori doveva essere anche un uomo con i soldi! L’importante era comunque che mamma fosse di nuovo felice. Raggiunsi il piano dove c’era la camera di mamma e il secondo bagno e notai che la porta della camera era socchiusa. Mi vergognai un po’ di quello che stavo facendo, non era giusto spiarla così. Ma sono sempre stata molto curiosa di natura, come quella volta che mi feci portare da un amico a casa sua quando avevo circa 13 anni, solo perchè mi aveva promesso di farmi vedere il suo cazzo. Non ne avevo mai visto uno dal vivo e volevo vedere come erano fatti. Lui aveva un paio d’anni più di me e quando se lo tirò fuori in camera sua rimasi scioccata. Non immaginavo che fossero così grandi e mi domandai come avrebbe potuto entrare un affare del genere nella mia passerotta così stretta. Del resto ero ancora vergine a quell’età, anche se lo rimasi per poco. Non successe comunque nulla quel giorno. Lui provò a farmi fare le prime cose ma io lo accontentai semplicemente accarezzandolo con le mani e con qualche bacetto sulla punta. Lo feci sborrare, è vero, ma non mi sentivo pronta a fare altro. Ricordo ancora che schizzò talmente tanto che mi inondò la maglietta. Dovetti lavarla di nascosto perchè mamma non sapesse.
Mi avvicinai di soppiatto alla porta, era sufficientemente aperta per poter spiare all’interno della stanza. Guardai dentro qualche secondo. Poi il cuore cominciò a battere a mille, tornai velocemente verso le scale e scesi. Raggiunsi il bagno al nostro piano e mi chiusi dentro. Mi guardai allo specchio. Avevo il viso bianco. Temetti di svenire ancora una volta come prima a lavoro. Mi sciacquai il viso per riprendermi. Non era possibile. Quello che avevo visto .. non era possibile!!! Non mia madre cazzo!!!
Mi abbassai i pantaloni e le mutandine e mi sedetti sul gabinetto. Dopo pochi secondi la pipì cominciò a uscire forte dalla mia uretra. Non mi ero neanche accorta di quanto mi scappasse. Rimasi seduta qualche minuto, mentre dalle mie labbra ancora gocciolavano gli ultimi rimasugli di urina.
C’era mia madre in quella stanza e questo me lo aspettavo. Era completamente nuda. A quattro zampe sul lettone. Avevo riconosciuto subito il suo “culone”, come lo chiamavo affettuosamente per farla arrabbiare. Del resto piccolo non era. Mamma non era sola su quel letto. Anche questo mi aspettavo. Ma non mi aspettavo che davanti a lei, nella stessa posizione in cui stava mamma, ci fosse un’altra donna!!!! Anche lei completamente nuda. E quei gemiti che avevo sentito provenivano da lei.
Prima di scappare avevo fatto in tempo a vedere che mamma aveva il viso in mezzo alle chiappe di quella donna. La stava leccando. La fica e probabilmente anche il culo. Non riuscivo a crederci che mia madre potesse fare sesso con una donna. Non ho niente contro le lesbiche, per carità. Io stessa avevo baciato con la lingua una amica una volta che avevamo bevuto un po’ troppo. E non mi era neanche dispiaciuto.
Ma da mamma non me lo sarei mai aspettato. Lei così tradizionalista, a volte perfino bigotta nel darci l’educazione. Non riuscivo davvero a comprendere come potesse adesso essere al piano superiore con la lingua dentro il culo di quella donna. Era dunque lei la proprietaria di quell’auto di grossa cilindrata. E chi diavolo era oltretutto costei? Come aveva conosciuto mia madre?
Ebbi un momento di lucidità. Mi resi conto che il tempo passava e che loro avrebbero potuto finire. Non avrei dovuto farmi trovare in casa. Avrebbe probabilmente capito che le avevo scoperte. Mi tirai su velocemente le mutandine e i pantaloni. Uscii dal bagno cercando di non fare rumore. Da sopra continuavo a sentire i loro gemiti. Non avevano ancora finito. Pensai di scendere e uscire di casa. Era la cosa migliore da fare.
La mia curiosità non fu d’accordo, come al solito. Salii nuovamente le scale. Sembravano ancora molto impegnate nei loro “affari” quelle due. Tornai a spiare dalla fessura della porta. Per fortuna io ero in penombra, non mi avrebbero vista.
Il cuore ricominciò a battere fortissimo. Non erano più nella posizione precedente. Adesso l’altra donna era sdraiata a pancia in su. Sembrava davvero una bella donna. Forse più giovane di mia madre. A vederla così le avrei dato massimo 30 anni. Mia mamma ora era in ginocchio tra le sue gambe. Aveva in mano un piede di quella donna e glielo stava leccando mentre lei la incitava a farlo. Vidi la sua lingua scorrere su tutta la pianta del piede e poi si mise in bocca le sue dita, ciucciandole con vigore. Sentivo il cuore che andava a un ritmo esagerato. Temetti mi schiantasse in petto.
Vedevo mamma muovere il bacino contro quella donna, immaginai si stessero strusciando la fica l’una con l’altra. Ma i gemiti arrivavano solo dall’altra. Mamma agiva in silenzio. Dopo qualche secondo ebbi la spiegazione anche a questo. Non avevo notato che mamma aveva una piccola cinghia sul fianco e in mezzo alle chiappe. Quando si staccò da lei vidi chiaramente che mia mamma tra le gambe aveva un grosso fallo nero di gomma. La stava scopando con quello! Oh cazzo! Mia mamma!
L’altra donna si mise velocemente a pecora davanti a lei, come quando mia madre la leccava poco prima. Vidi mamma prendere in mano il suo “cazzo” posticcio e avvicinarsi a lei.
“Ora sbattimelo tutto in culo dai!!” la incitò lei.
Mia madre puntò il “suo” cazzo al buco del culo della donna e con una discreta facilità glielo piantò dentro! Doveva essere una abituata, non era facile prendere un calibro del genere in un colpo solo!
“Oh siiiii dai sfondami il culo!! Sbattimelo forte!!! Dopo lo faccio io a te!!!”
Era troppo per me. Se rimanevo lì tra qualche minuto avrei visto mia madre farsi sodomizzare da quell’enorme cazzo di gomma. Scesi le scale e tornai al piano terra. Mi rimisi le scarpe e uscii di casa.
Salii in auto, misi in moto e cominciai a vagare senza meta. Davanti a me avevo solo le immagini di quelle due che facevano le porche. Ovviamente mia sorella di tutto questo non doveva sapere nulla. E lei dove era tra l’altro? E se fosse tornata lei a casa invece che io? Oh cazzo a questo non avevo pensato!! Forse mia mamma si era organizzata per essere certa che lei non ci fosse. Mentre io avrei dovuto essere a lavoro.
Adesso rimaneva un enigma. Parlarne con mia madre o fare finta di nulla? Che diritto avevo io in fondo di entrare nella sua vita privata? Di giudicarla? Decisi di ignorare l’accaduto, quantomeno di non parlarne con lei. Chissà poi come l’avrebbe presa sapendo che io l’avevo vista durante un rapporto saffico.
Quando rientrai a casa all’orario in cui sarei dovuta rientrare finito il lavoro, trovai tutto normale come sempre. La cena pronta, mia sorella sul divano col telefono in mano, mia madre a servire in tavola. Sorridente come sempre.
Nei giorni seguenti mi domandavo come avrebbe fatto mia mamma, prima o poi, a parlarmi di questa persona. Sempre che stessero insieme. Magari era stata solo la “pazzia” di una volta. Finita quel giorno su quel letto. Uno “sfogo” tra amiche, forse.
Dopo circa una settimana da quella scoperta sarei dovuta entrare a lavoro alle 14. Una mia collega mi chiese il cambio quindi lavorai di mattina. Mi resi conto che ancora una volta mia madre mi sapeva a lavoro quel pomeriggio. La curiosità vinse ancora. Tornai a casa senza dirle niente. Anche stavolta l’auto di mia madre era parcheggiata al suo posto. Non era a lavoro neanche oggi?? Non vidi però altre auto parcheggiate davanti casa nostra come la volta precedente. Ma che stava succedendo? Mia madre a quell’ora era solita essere a fare la pulizie da qualche parte.
Entrai in casa senza fare rumore. Mi tolsi subito le scarpe. Già sapevo dove andare. Salii le scale e sentii anche stavolta dei rumori provenire dalla camera di mamma. Mi affacciai al piano superiore e vidi che stavolta la porta di camera era chiusa. Mi avvicinai lentamente. Il cuore ricominciò a battere forte. Avvicinai l’orecchio alla porta per cercare di capire chi ci potesse essere. Mi si gelò il sangue nelle vene. Stavolta sentivo la voce di un uomo.
“Stai ferma troia!” furono le agghiaccianti parole che sentii chiaramente.
Poi un urlo. Era mia madre, ne ero certa. Stavo per spalancare la porta ma qualcosa mi fermò. Come mi sarei giustificata se lei era consenziente a tutto questo? Però forse stavolta la stavano davvero aggredendo! Decisi di spiare dal buco della serratura. Dove non c’è mai stata la chiave. Il letto di mamma era proprio davanti quindi la visuale era perfetta anche da lì. Guardai qualche secondo e di nuovo rischiai di svenire sul posto!
Stavolta sul letto erano addirittura in tre! distinguevo mia mamma, un altro personaggio e un’altra donna! Oh cazzo! Ma che sta combinando questa pazza!! Oltretutto la donna che vedevo non era la stessa dell’altra volta! Che cazzo sta succedendo a mia madre!!!!
Mamma era a quattro zampe sul letto anche stavolta, tutta nuda. C’era un’altra donna anche lei completamente svestita a gambe aperte e mia madre gliela stava leccando. Ma stavolta c’era anche qualcuno dietro di lei. Ma nonostante la voce che sembrava maschile non era un uomo!! Era un’altra donna, piuttosto muscolosa che a primo impatto mi era sembrata un uomo. Stavolta era lei a indossare la cintura fallica e stava inculando mia madre! Che urlava ogni volta che quel membro di gomma affondava nel suo culone. E come affondava cazzo!! Da quanto mia mamma era così aperta dietro?? Ero letteralmente scioccata. Questa volta non poteva finire così. Dovevo capire.
Uscii di casa e quando rientrai trovai tutto, come al solito, normale.
“Come è andato il lavoro oggi mamma?”
“Che strana domanda, non me lo chiedi mai”
“Oggi mi andava di chiedertelo” le dissi sorridendo.
“Beh tesoro come è andata, le solite cose, mi faccio il culo!”
E su questo non avevo dubbi.
“Dove ti hanno mandata oggi?”
“Come mai tante domande specifiche amore?”
“Così dai per fare due chiacchiere, ma mangiamo che ho fame” dissi per chiudere il discorso. Troppe domande avrebbero rischiato di insospettirla.
Il giorno dopo decisi di scoprire la verità Sapevo che avrei rischiato, ma dovevo farlo. Se mia madre era stata costretta a entrare in qualche brutto giro lo dovevo scoprire. Mi recai alla cooperativa dove lavorava e chiesi di lei.
“Tua mamma non lavora più qui da un paio di mesi” mi risposero.
Ebbi un mancamento, l’uomo mi sorresse, per fortuna. Chiesi un bicchiere d’acqua con dello zucchero e per fortuna mi ripresi velocemente. Volevano chiamare un’ambulanza ma non glielo permisi. Me ne andai. Salii in macchina e cominciai a piangere. Che cazzo stava combinando mia mamma?? Perchè non mi aveva detto che non lavorava più in quella cooperativa? Dove cazzo avrebbe trovato i soldi per vivere adesso?
Mi fermai in un bar. Avevo bisogno di rilassarmi qualche minuto. C’era un quotidiano sul tavolino, cominciai a dare un’occhiata alle notizie. Per non pensare. Sfogliando le pagine mi cadde l’occhio sugli annunci. Sugli annunci di incontri, in particolare. Ma che diavolo stavo pensando, mia mamma non poteva fare una cosa del genere. Li lessi tutti per curiosità, finché mi soffermai su uno: “Insospettabile 40enne ti aspetta nella sua abitazione per momenti di piacere. Ambiente tranquillo e riservato. Solo per donne”. Poi un numero di cellulare che non era quello di mia madre. Era una follia. Impensabile.
Digitai quel numero sulla tastiera del mio smartphone, pagai il conto al bar e uscii. Tornai in macchina, impostati il mio telefono con “numero anonimo” e chiamai quel numero. Il telefono squillò per alcuni secondi, le mie gambe tremavano.
“Ciao sono Erika dove hai letto l’annuncio?”
Riattaccai senza proferire parola. Si faceva chiamare Erika!!!
Vagai per ore senza sapere dove andare a battere la testa. Cercai tutte le spiegazioni possibili. La avevano probabilmente licenziata oppure aveva avuto dei problemi sul lavoro. Forse qualcuno la molestava e ha deciso di abbandonarlo. Trovatasi alla disperazione aveva deciso di percorrere quella strada. L’unico modo per salvare la nostra famiglia. Era arrivata a questo per noi. L’unica cosa che non capivo era quel “solo donne”. Che senso aveva? Se si prostituiva perchè solo con donne? Forse era un mercato che pagava di più, pensai. Forse con un uomo era più umiliante doversi vendere.
La odiavo. La amavo. Decisi che avrei dovuto riprendere io in mano la nostra vita. Lei non meritava questo. Andai in banca a chiedere un prestito. Volevo un bel po’ di soldi. Le avrei detto che avevo trovato un ottimo lavoro in una azienda, dove mi pagavano il doppio rispetto al fast food. Avrebbe potuto smettere di fare quella “vita”.
La banca mi rifiutò il prestito. Avevo un contratto a tempo determinato con il fast food e nessuna garanzia ulteriore da offrire. Non sapevo dove battere la testa. Non potevo permettere che mia madre continuasse a fare quello che faceva per tenere su la nostra famiglia.
Ero disperata. Avevo bisogno di soldi. Entrai in un negozio di telefonia. Presi un nuovo numero di telefono. Poi andai al giornale. Pubblicai l’annuncio.
“Ragazza giovanissima incontra solo donne. Incontri solo in auto. Chiamare 338 … ”
Non potevo fare di più. Non avevo un posto dove andare e non volevo andare io a casa di estranei.
Avevo per fortuna lo smartphone con due slot per mettere due diverse sim, inserii la nuova e aspettai.
Il giorno dopo il telefono squillò. Erano le 9:30 del mattino. Chiamavano su quel numero. Tremando, risposi.
“Pronto?”
“Ciao tesoro dove sei?” era la voce di un uomo.
“Non cerco uomini ho detto!” E chiusi la chiamata. Dopo neanche un minuto suonò ancora.
“Ho detto che non cerco uomini non lo capisci??”
“Non sono un uomo infatti” rispose una voce femminile in maniera molto pacata.
“Ah mi scusi..” le dissi con una educazione che addirittura stonava con quel ruolo.
“Dammi pure del tu, cara. Mi piacerebbe conoscerti. Dove possiamo vederci?”
In effetti non avevo neanche pensato a un posto per gli incontri. Fu lei a risolvere il problema rompendo i miei indugi.
“Ti va bene al parcheggio tal dei tali dietro la piazza tal dei tali alle 11?”
Conoscevo quel posto, la sera era un posto dove si imboscavano le coppie.
“Va bene, ci vediamo lì” e chiusi la telefonata.
Avevo già il primo incontro. Non sapevo neanche se ce l’avrei fatta. Ma dovevo farlo. E poi quanti soldi avrei chiesto? Sapevo che le prostitute in strada chiedono cinquanta euro. Ma io ero giovane e molto carina. Ne avrei chiesti almeno cento. Prendere o lasciare.
Andai in bagno, mi spogliai tutta e mi feci la doccia. Poi ci fu il problema di come vestirmi. Non mi sarei certo vestita come una puttana. Decisi di vestirmi normalmente. Una camicetta, una paio di fuseaux e le scarpe da ginnastica.
Salii in macchina e raggiunsi il parcheggio. Come la avrei conosciuta? Che tipo sarebbe stata? Giovane? Vecchia? Dalla voce non sembrava essere troppo vecchia. Il telefono suonò ancora. Non era il numero di prima, non risposi.
Dopo qualche minuto che ero arrivata sul posto, lei mi richiamò.
“Io ci sono tu?”
“Si, anche io”
“Ho una Bmw bianca, vicina ad un albero”
“Credo di vederti”
“Ti aspetto qui”
Scesi dalla mia auto e mi incamminai verso la sua. Le gambe mi tremavano.
Arrivai alla Bmw, dentro c’era una donna. Doveva essere per forza lei. Mi fece un cenno con la mano di salire. Sembrava una donna distinta.
Salii in auto e ci salutammo. Lei rimase stupita della mia giovane età.
“Ciao, il mio nome non importa. Vedo che sei molto giovane e bella”
“Si lo sono, grazie”
“Sei maggiorenne vero?”
“Ho 19 anni, anche se so di dimostrarne meno”
“Sei davvero un fiorellino”
Era una bella donna, probabilmente sulla quarantina anche se ne dimostrava meno. Ben vestita, elegante. Sembrava una manager di qualche azienda. Doveva avere i soldi.
“Io prendo cento euro” le dissi
Lei si mise a ridere.
” I soldi non sono un problema, infatti non te l’ho neanche chiesto al telefono. Sai, non sono solita rispondere a questi annunci, ci sono solo persone poco di buono generalmente.”
Pensai a mia mamma che era costretta a fare quelle cose e non era una “poco di buon”o.
“Lei cosa ne sa del perchè le persone decidono di fare certe cose? Come si permette di giudicare?”
Lei mi sorrise.
“Non era mia intenzione offenderti. Ti chiedo scusa. E non ti darò cento euro..”
Stavo per prendere la maniglia della portiera e scendere mandandola a quel paese. E questo mi fece addirittura tirare un sospiro di sollievo.
” Te ne darò cinquecento se vieni a casa mia e passi una giornata con me”
Aveva detto veramente cinquecento euro? Adesso capivo perchè mia madre facesse questo “lavoro”. Erano tanti soldi. Come fare le stesse cose con cinque persone al prezzo che avevo pensato io. Ma non avevo intenzione di andare a casa sua. Troppo rischioso. Chissà cosa mi poteva succedere.
“Non ti conosco, non posso venire a casa tua”
Mi sorrise ancora.
“Hai ragione. Concordo con te. Sei davvero bella e non voglio perdermi questa occasione. Te ne darò duecento, oggi, per conoscerci qui in macchina”
“Va bene” acconsentii ricambiando il suo sorriso.
Mi accarezzò il viso. Si avvicinò e cercò il contatto con la mia bocca. Ero in ballo, ormai dovevo ballare.
Risposi al suo invito, del resto avevo già baciato una donna una volta. Le mie labbra si unirono alle sue, la sua lingua cercò la mia. E la trovò. Aveva un profumo molto buono addosso. E anche la sua lingua aveva per fortuna un buon sapore.
Ci baciammo per un paio di minuti, non fu così traumatizzante in fondo.
“Ti va di farmi un massaggio ai piedi?” mi chiese
“Va bene” le risposi. Fu carina a chiedermelo ma sapevo che in fondo dovevo fare tutto (o quasi) quello che mi chiedeva.
Mise le sue gambe sulle mie. Aveva delle scarpe bellissime e dovevano essere molto costose. Aveva molti soldi, non c’era dubbio.
Le sfilai le scarpe, una dopo l’altra e le appoggiai delicatamente in terra. Lei mi sorrise per questa accortezza. I suoi piedi erano fatti bene, ben curati. E per fortuna non emanavano neanche un cattivo odore. Anzi.
Cominciai a massaggiarglieli, le piante, le dita. E lei si rilassò. Appoggiò la testa al finestrino e chiuse gli occhi per godersi il mio trattamento.
“Ti va di baciarmeli tesoro?”
“Si, certo…”
Avvicinai il suo piede alla mia bocca e cominciai a baciarle delicatamente le dita. Poi scesi su tutta la pianta e di nuovo risalii sulle dita.
“Prova con la lingua ora…”
“Ok….”
Tirai fuori la lingua e la appoggiai sul suo alluce, disegnandole piccoli cerchi su tutto il dito.
“Sei davvero delicata, continua…” mi incitò.
Spostai la lingua su tutte le dita, gliele leccai una per una. Poi di nuovo scesi sulla pianta, fino al tallone e risalii di nuovo sulle dita.
“Anche in mezzo alle dita..”
Cominciai a far passare la mia lingua nelle cavità tra le dita, questo le piaceva molto. Cominciò ad ansimare, in maniera quasi impercettibile. Si sollevò la minigonna, aveva un paio di mutandine bianche con una piccola macchia proprio davanti. Probabilmente era bagnata.
“Sei davvero brava con la lingua tesoro”
“Grazie”
“Avrai capito che mi eccita molto farmi coccolare i piedi”
“Si, l’ho notato…”
Mi sfilò poi i piedi di mano, si avvicinò nuovamente per baciarmi e io glielo permisi. La sua lingua era davvero morbida e delicata. Mentre mi baciava prese la mia mano e la accompagnò in mezzo alle sue gambe. Mi fece capire che voleva essere accarezzata lì, adesso. Cominciai a passarle l’indice e il medio uniti sulle mutandine, erano effettivamente già bagnate. Sapevo come toccare una donna, avevo fatto esperienza su me stessa. Di tanto in tanto mi piaceva masturbarmi.
Spingevo con le dita sul tessuto dei suoi slip dove sotto sentivo le sue labbra. Lei cominciò ad ansimare più forte, mentre le nostre lingue si coccolavano fuori dalla bocca. Le mie dita si bagnarono sempre di più per l’umore vaginale che trapassava la stoffa.
“Entrami dentro” fu la sua richiesta scontata.
Mentre le punte delle nostre lingue amoreggiavano le spostai le mutandine con l’anulare della mano destra e quindi con le due dita precedenti cominciai ad accarezzarle le grandi labbra. Che scoprii essere veramente grandi. Carnose. In fuori, come grandi ali di farfalla. Ed erano completamente fradice di umori. Come le mie dita, adesso.
“Entra dentro non ce la faccio più!”
Doveva essere vicina ad un forte orgasmo, conoscevo bene quello stato di ansia. Non avevo avuto grandissime esperienze sessuali, almeno non per quantità.
Ero stata a letto solo con tre ragazzi. Il primo, quello che mi aveva sverginata quando avevo poco più che quattordici anni, era stata un’avventura estiva al mare. E non aveva lasciato un gran segno nel mio “libro delle esperienze”, se non per il dolore che provai quando mi lacerò l’imene. Un dolore che mi portai dietro per qualche giorno, per cui di fatto scopammo solo un altro paio di volte per una decina di minuti in totale. Non aveva grande esperienza neanche lui e veniva subito. Il secondo dopo più di un anno, avevo quasi sedici anni, ci eravamo messi insieme e ci siamo stati per quasi un anno. Ma non era niente di serio, lui era molto più interessato agli amici che a me. Io ero innamorata persa, lui no. L’unica cosa positiva è che era ben dotato, quando mi scopava lo faceva bene. Con lui avevo provato i miei primi orgasmi. E con il terzo ci eravamo lasciati da un paio di mesi, dopo una storia di circa sei mesi. Era un ragazzo più grande, di ventisei anni, mi faceva stare bene. Lui sembrava innamoratissimo e mi scopava altrettanto bene nonostante fosse molto meno dotato del precedente. Sarebbe stato tutto perfetto se non avessi scoperto che aveva anche un’altra ragazza. Uomini bastardi. Proprio con quest’ultimo avevo provato lo stato di ansia quando hai bisogno della penetrazione. Lui passava molto tempo a leccarmela e a farmi ditalini e io arrivavo a un punto in cui avevo bisogno del cazzo dentro. Tante volte dovevo dirglielo spudoratamente.
Lei adesso provava la stessa ansia. Quindi non volevo farla soffrire. Le divisi le labbra che si erano appiccicate insieme per via degli umori che produceva in abbondanza. Le labbra si spalancarono per invitarmi ad entrare. Lei adesso gemeva forte, sapeva che tra poco le sarei entrata dentro. Raggiunsi col dito medio il suo ingresso vaginale. Ed entrai in lei. Ebbe un sussulto nel sentirmi penetrarla, ma non le bastava.
“Tesoro infila due dita”
Senza sfilarle il medio le infilai dentro anche l’indice. Era un lago.
“Spingi forte”
La penetrai con le due dita più che potevo, purtroppo non avevo le dita così lunghe come lei avrebbe voluto. Come qualsiasi donna al suo posto avrebbe voluto.
“Ho bisogno di un altro dito dentro tesoro”
Effettivamente l’interno della sua vagina era decisamente “spazioso”, ma con l’anulare le stavo tenendo le mutandine spostate quindi diventava difficile penetrarla al meglio. Lei se ne rese conto.
“Aspetta, ho bisogno di mettermi più comoda. Sfilami le mutandine”
Sollevò il sedere per agevolarmi nell’operazione, presi l’elastico del suo perizoma e glielo sfilai. Rimasi con le sue mutandine in mano, erano zuppe di umori. Non sapevo dove appoggiarle, gliele porsi perchè le tenesse in mano lei, ma non le prese subito.
“Voglio che prima le annusi”
Era una richiesta strana e non mi faceva neanche impazzire l’idea. Ma era stata risoluta nella richiesta e in fondo mi pagava profumatamente. Avvicinai le mutandine al mio viso, lei mi guardava sorridente e soddisfatta. Spalancò le gambe davanti a me, adesso la vedevo nella maniera più intima. Era anche lei completamente depilata, come me. Invece le sue labbra, a differenza delle mie, erano molto pronunciate, rivolte verso l’esterno, lunghe. A conferma di come le avevo sentite con le dita poco prima.
Con le dita cominciò ad aprirsela davanti a me, visibilmente compiaciuta del fatto che il mio sguardo fosse chiaramente rivolto alla sua fica. Mi stavo dimostrando, ai suo occhi, sinceramente interessata. E sicuramente aveva il suo peso il fatto che fossi ancora una ragazzina alle prime armi.
La donna cominciò ad accarezzarsi la clitoride delicatamente, anche questa era decisamente pronunciata, le usciva vigorosa dalle labbra.
“Annusale adesso, tesoro”
Mi accorsi che ero rimasta con le sue mutandine davanti al viso a guardare come si stava accarezzando e che mi ero dimenticata della sua richiesta. In realtà gli odori di quelle mutandine avevano già cominciato ad arrivare alle mie narici. Ma quando le avvicinai al naso e cominciai ad annusarle diventò molto più intenso.
Lei iniziò a torturarsi la clitoride in maniera decisamente più selvaggia.
“Dimmi che odore hanno?”
“Si sente chiaramente l’odore dei tuoi umori”
“E basta?”
“Forse anche un po’ di pipì…” dissi timidamente cercando di non offenderla.
Adesso le sue dita spingevano sulla clitoride con decisione.
“Dimmi se ti piace…”
Era la prima volta che annusavo le mutandine di un’altra donna. Certo mi capitava di annusare le mie per capire se era il caso di cambiarle quando l’odore di urina diventava evidente. Ma mai avrei pensato di annusare quelle di un’altra. Eppure quell’odore non mi faceva schifo come avrei pensato. Era addirittura inebriante. Come i “fumi” dell’alcol. Lei mi prese le mutandine di mano e le lanciò sul cruscotto, prendendosi quella libertà verso il suo indumento intimo che io non mi ero presa in precedenza.
“Voglio le tue dita dentro la fica tesoro”
Sapevo di aver lasciato il lavoro incompiuto. Lei spostò il sedere più avanti possibile sul suo sedile, mise un piede vicino al cambio e l’altro sul mio sedile. Era completamente spalancata davanti a me. Mi ricordai che la sua fica era piuttosto larga e quindi decisi di penetrarla subito con tre dita. Avvicinai la mano alle sue labbra, cominciai a spingere le dita che con estrema facilità entrarono nel suo corpo. Ebbe un sussulto, più forte del precedente.
“Ora spingile più forte che puoi”
Cominciai a spingere, aumentando sempre più forza e velocità. La sua fica faceva tantissimo rumore per quanto era piena di liquido. Lei si teneva le labbra spalancate da sola in modo che io potessi concentrarmi solo sullo scoparla con le dita.
“Aggiungi un altro dito tesoro”
Si dimostrava veramente ingorda, del resto lo spazio là dentro non mancava di certo. Aggiunsi anche il mignolo e continuai a masturbarla praticamente con tutta la mano dentro. A me non sarebbero mai entrate tutte quelle dita. Mi era sempre rimasta molto stretta nonostante il fidanzato dotato. Tanto che quando mi masturbavo potevo infilarmi solo un dito perchè con due già sentivo male.
“Prova con tutta la mano ti prego!”
Non le bastava ancora. Mi chiedevo come facesse ad averla così larga, probabilmente qualche gravidanza, pensai. Non fu difficile piegare il pollice e farlo entrare nella sua fica insieme alle altre dita. Spingevo le dita, tutte le dita, dentro l’ingresso della sua fica, quando lei mi afferrò per il polso e spinse la mia mano completamente dentro la sua vagina. Voleva farmi capire quale era veramente la sua necessità. E la sua capacità interna. Quindi lasciò la presa dal mio polso. Ormai dovevo aver capito cosa mi chiedeva.
“Ora sbattimi, sbattimi forte senza paura”
Se era quello che voleva, lo avrei fatto. Avvicinai ancora di più il mio corpo a lei in modo da avere più forza di penetrazione. La mia mano era completamente piantata nella sua fica fino al polso. Strinsi le dita a pugno e iniziai a scoparla forte. Lei gemeva forte, si vedeva che avrebbe voluto urlare ma non poteva in quella situazione, in auto.
“Mi fai impazzire continua a sbattermi!”
Spingevo il pugno nella sua fica più forte che potevo, era veramente tutta spanata dentro. Il mio braccio entrava nella sua cavità vaginale fin oltre il polso. Non avevo mai visto nulla del genere. Tanto meno fatto. Cominciavo a stancarmi, mi faceva male il braccio. Lei aveva le mani nei capelli, la testa appoggiata al finestrino e si dimenava tutta per il piacere.
“Sbottonati la camicetta” mi ordinò.
Con la mano libera cominciai a sbottonarmi più velocemente possibile. Lei mi guardava mordendosi il labbro. Le dovevo piacere da pazzi. La camicetta era adesso aperta, davanti a lei. Mi ero messa un reggiseno rosa piuttosto casto. Lei lo guardava, ansimando forte.
“Tirale fuori” ordinò ancora.
Mi guardai un attimo intorno per vedere se ci fosse qualcuno, non volevo fare uno spettacolo pubblico. Poi afferrai il mio reggiseno dalla base e lo tirai su, permettendo alle mie tette di uscire fuori sobbalzando davanti ai suoi occhi. Sapevo di avere un bel seno, era sempre piaciuto molto. Una terza abbondante con i capezzoli molto particolari. Quelli che in inglese si chiamano “Puffy nipples” ovvero molto gonfi e molto pronunciati. Cioè non avevo solo le punte in fuori come nel seno classico, nel mio caso era proprio tutto il capezzolo ad essere molto in fuori. Un po’ come hanno le adolescenti, solo che a me erano rimasti così. Del resto ero poco più che un’adolescente anche io.
Lei sgranò gli occhi quando li vide, dovevo averla colpita.
“Sei bellissima!!!” mi disse.
Non feci in tempo a ringraziarla che improvvisamente si tirò su e con decisione si sfilò la mia mano dalla fica. Quello che successe subito dopo mi lasciò letteralmente scioccata.
Dalla sua fica partì un getto molto violento, sembrava addirittura che stesse pisciando. Ma non era piscio, erano umori! Avevo sentito di donne che hanno questo genere di orgasmi ma non ne avevo mai conosciuta una che ci riuscisse!
Il suo schizzo mi colpì in pieno sul seno, inondandomi letteralmente i gonfi capezzoli. D’istinto mi allontanai spaventata. Non mi aspettavo certo una cosa del genere. Mi infastidì molto. Anche perchè guardandomi ero tutta sporca dei suoi umori vaginali. Dai capezzoli alla pancia, fin sulla camicetta e i fuseaux. Lei si accorse evidentemente del mio malumore e prese in mano la situazione.
“Tesoro ti chiedo scusa! Non volevo e non pensavo di avere un orgasmo del genere!! Sono mortificata credimi!!!”
Ero talmente scioccata che non sapevo cosa dire.
Prese la borsa che aveva sul sedile posteriore e tirò fuori il portafoglio. Mi mise in mano ben trecentocinquanta euro e sorridendomi mi disse:
“Spero che potrai accettare in questo modo le mie scuse”
Adesso ero ancora più sconcertata. Già mi sembravano tanti duecento, ne aveva addirittura aggiunti altri cento per quello spiacevole inconveniente. Non potevo dirle nulla se non trovare il modo di tornare a casa in quelle condizioni. Per fortuna era una giornata calda, i miei abiti si sarebbero asciugati in fretta.
“Qui ci penso io tesoro” mi disse prima di avvicinare il suo viso al mio seno ancora nudo e bagnato.
Tirò fuori la lingua e cominciò a passarmela sui capezzoli. Delicatamente, dolcemente. Era piacevole, non c’era nulla da dire. Ci sapeva fare, nessuno me li aveva mai leccati così prima. Anzi, al mio secondo fidanzato spaventavano pure per la loro forma, per quanto fossero gonfi.
Lei sembrava andarne matta. Me li ripulì tutte e due con la lingua, abilmente, dai suoi umori. Poi mi prese l’intero capezzolo in bocca e cominciò a succhiarmelo. Aveva la bocca piena con la mia gonfia areola. Me li allungava e me li succhiava con esperienza. Mi resi conto che stavo bagnando le mutandine e mi stupii di questo. Del resto stavo provando un piacere nuovo.
Poi si staccò e quasi mi dispiacque. Mi stava facendo godere.
“Adesso rivestiamoci tesoro, devo scappare o rischio di fare tardi in azienda”.
Lei recuperò le mutandine sul cruscotto e le indossò, mentre io rimisi il seno al suo posto e mi riabbottonai la camicetta.
“Rimettimi le scarpe” mi disse offrendomi i piedi nudi.
Presi la prima scarpa e la avvicinai al suo piede per calzarla.
“Un ultimo bacio sulle dita” mi chiese
Avvicinai la bocca e tornai a baciarle tutte le dita del piede. Adesso erano leggermente sudati, ma non puzzavano comunque. Le infilai la bellissima scarpa.
Poi presi l’altra e ancora mi chiese di “salutare” le sue dita. Lo feci, gliele baciai e stavolta aggiunsi qualcosa di mia iniziativa. Glielo dovevo per quanto mi aveva pagata. Mi sembrava il minimo.
Tenevo il suo piede dal tallone, la guardai dritta negli occhi, le sorrisi. Nonostante fosse anche questo tutto sudato spalancai la bocca e mi misi dentro tutto il suo piede. Cominciai a succhiarlo come fosse un enorme cazzo. Lei rimase piacevolmente colpita. Si morse il labbro in approvazione alla mia iniziativa personale.
Quando ritirai fuori il suo piede dalla mia bocca, era tutto bagnato della mia saliva. Lei mosse le dita entusiasta di quel trattamento inaspettato, mi sorrise e mi fece l’occhiolino. Ricambiai il sorriso e le calzai la scarpa.
“Non cambiare numero” mi disse.
“Non lo farò” le risposi sicura.
Mi mise l’ultima volta la lingua in bocca e io ricambiai. Scesi dall’auto, la salutai con lo sguardo e mi allontanai. Dopo qualche secondo la vidi ripartire a tutta velocità. Quella macchina era davvero potente. e lei davvero uno strano personaggio. Chissà chi era in realtà?
Rientrai nella mia auto e guardai con soddisfazione tutti quei soldi che mi aveva lasciato. Era incredibile di come ero riuscita a guadagnarli in così poco tempo. In fondo non era stato neanche troppo difficile.
Tornai velocemente a casa e …