Quando sono entrata la prima volta in quel negozio mi aveva colpita subito. Ma non immaginavo fino a questo punto.
Era una bella donna, questo era fin troppo evidente. Avrà avuto non più di trentacinque anni, bionda, slanciata, ben curata. Elegante. Fin troppo elegante per essere una commessa. Certo in un negozio di abbigliamento il suo aspetto fisico e soprattutto il suo modo di vestire erano fondamentali. Non c’è dubbio.
Non ero mai entrata in quella boutique, c’ero passata davanti tante volte ma mai mi ero decisa ad entrare. Ne temevo i prezzi. Ma adesso quel vestito in vetrina aveva attirato la mia attenzione. Non potevo presentarmi al matrimonio di Benedetta con i soliti “stracci”.
L’amica di una vita aveva deciso di fare finalmente il “grande passo”, alla “tenera” età di 45 anni. Dopo ben 15 anni di fidanzamento. Gli stessi anni dalla mia separazione. Perchè io, a differenza sua, il grande passo lo avevo fatto quando ero molto giovane. Troppo giovane per capire quanto sono bastardi gli uomini. Lo avevo trovato a letto con un’altra, proprio in casa nostra, proprio nel nostro letto coniugale, dopo appena un anno dal nostro “sì”. Che dolce marito. Bastardo.
Il compagno di Benedetta era il miglior amico del mio ex marito e si erano conosciuti poco tempo prima della mia “meravigliosa” scoperta.. Io l’avevo messa in guardia, se tanto mi dava tanto.. Fortunatamente nel mondo pareva esserci anche qualche uomo diciamo un po’ meno bastardo. E così avevano passato insieme gli ultimi quindici anni e adesso si decidevano a sposarsi. Buon per loro.
Per quanto mi riguarda, dopo la separazione dal bastardo, avevo avuto un’altra storia più o meno importante. Una convivenza di un anno circa e poi finita. Per ovvi motivi, perchè lui un giorno è sparito. Nel vero senso della parola. E nessuno ha mai saputo più nulla di lui. Tutte a me, dovevo essere una calamita per bastardi.
Da allora mi ero concessa solo qualche sana scopata senza pensieri. Un collega, un “trombamico”, un amico dell’amico… e via. Una volta, in discoteca, mi ero pure concessa una scopata con un tipo conosciuto la sera stessa. Avevo esagerato leggermente con l’alcol e mi feci chiavare in auto nel parcheggio della disco. Tra l’altro, per quello che mi ricordo, fu anche una bellissima scopata. Soprattutto per merito della sua “terza gamba”. Ma a parte qualche avventura non avevo voluto più saperne di impegnarmi seriamente. Non mi fidavo più degli uomini.
Mi fermai ad ammirare quel vestito, esposto in maniera così accattivante in vetrina. Decisi così di entrare e la commessa, che poi avrei scoperto chiamarsi Serena, mi accolse con entusiasmo e capacità. Ricordo che era sera, non troppo lontano dall’orario di chiusura. Chiesi infatti anche scusa per essermi presentata a quell’ora, ma l’esperta commerciale mi disse di non preoccuparmi, che non c’era alcun problema. Vendere, vendere, vendere. Il motto che inculcano alle commesse, pensai.
Le dichiarai il mio interesse per quel vestito esposto e lei condivise la mia scelta. Forse solo per il prezzo. Ma Benedetta meritava una piccola follia. La donna cominciò a squadrarmi dalla testa ai piedi. Ebbi un attimo di imbarazzo perchè non ero vestita tanto elegantemente quanto lei. E purtroppo non avevo neanche il suo fisico. Non che fossi messa troppo male, ma qualche chilo, alla mia età, era facile da prendere ma molto meno da smaltire.
Indossavo, ricordo bene, un vestito blu fin sotto il ginocchio, piuttosto semplice di fattura. E un paio di sandali. Dopo avermi fatto la “radiografia” la commessa mi disse:
“Credo che quel vestito le possa andare molto bene. Forse ci sarà da fare qualche “ritocchino” per personalizzarlo a lei, ma ci possiamo pensare direttamente noi”
Senza attendere la mia risposta andò in vetrina e prese il vestito. Lo appoggiò al mio corpo per un’anteprima del risultato finale e mi rassicurò:
“Sì, le starà a meraviglia. Le serve per un’occasione speciale?”
“In effetti sì, il matrimonio di una carissima amica”
“Farà un figurone, mi creda. Anche se personalmente non avrei mai fatto una tale pazzia”
“In che senso?”
“No, non mi riferivo al vestito. Ma alla sua amica che ha deciso di sposarsi.” e fece una risata.
“Beh, se è per questo io sono d’accordo con lei”
“Ho imparato a conoscere gli uomini molti anni fa e ho smesso da tempo di cadere nei loro tranelli. Tanto hanno in testa solo un paio di cose: il calcio e…”
“Si ci siamo capite” le feci intendere sorridendole, senza che fosse necessario pronunciasse la seconda parola.
“Vede?” mi disse ancora “tra donne ci si capisce subito al volo” e di nuovo un sorriso. Che contraccambiai volentieri.
“Ma proviamolo questo vestito, che stiamo aspettando? Venga nella cabina…”
Senza di nuovo aspettare risposta cominciò a dirigersi verso la cabina prova, facendomi solo segno di seguirla. Cosa che, ovviamente, feci.
Entrai nella cabina e, come ero solita fare, chiusi la tendina. Mi sfilai velocemente il vestito, rimanendo in mutandine e reggiseno. Non feci in tempo a prendere il vestito che aveva appeso all’apposito gancio che la tendina si aprì di scatto. D’istinto provai a coprirmi. Lei mi sorrise.
“Sono io! Ti vergogni di una donna forse?” e ricominciò a ridere “Volevo solo chiederti se avevi bisogno anche di una borsa e delle scarpe. Insomma degli accessori…”
Le sorrisi come per scusarmi della reazione avuta poco prima e le dissi:
“Cominciamo a vedere se va bene il vestito, poi vediamo il resto”
Lei rimase ancora qualche secondo a squadrarmi dalla testa ai piedi. Cosa che mi mise in imbarazzo. Ma in fondo stava solo facendo il suo dovere, pensai.
“Credo proprio che hai il corpo adatto a questo vestito. Ti valorizzerà molto il seno, visto che lo hai molto bello”
In effetti, nonostante qualche chilo in eccesso, non ero fatta per niente male. Avevo una bella quarta di seno e un bel sedere “morbido”, come ero solita classificarlo io. Se non fosse stato per la “pancetta”, ma tutto non si può avere.
“Girati un attimo che vedo la linea…”
Non sapevo neanche cosa intendesse per “la linea” ma mi girai lo stesso. Lei appoggiò la sua mano sulla mia spalla e cominciò a scendere “disegnando”, con le dita, tutta la mia silhouette. Senza mancare di passare anche sopra il mio sedere, esposto dal perizoma. Provai imbarazzo per quell’attenzione non richiesta, non mi era mai successo prima. Ma devo anche ammettere che fu piacevole sentire le sue dita.
“Sì sì” confermò ancora “so già dove dare qualche “aggiustatina” al vestito per renderlo su misura per te”
Le sorrisi tra l’approvazione e l’imbarazzo.
“Avanti, indossalo adesso” mi esortò.
Presi il vestito e con il suo aiuto lo indossai. Era veramente bello e mi piaceva troppo come mi stava addosso.
“E’ davvero bellissimo” le confessai, quasi pentita per quella palese ammissione che poco mi sarebbe tornata utile al momento di chiedere uno sconto.
“Che ti dicevo?” vedrai che con qualche piccola modifica risulterà fatto apposta per te.
“Credo proprio di si” le confermai.
“Però, mia cara, questo vestito va indossato senza reggiseno!”
In effetti aveva una scollatura importante, questo mi lasciava qualche perplessità.
“Durante la cerimonia potrai mettere un copri spalle, sicuramente. Non puoi entrare in Chiesa troppo scoperta. Ma dopo la cerimonia potrai dare il meglio di te”
“Dici?” le domandai curiosa.
“Fidati di me, guarda..”
Mi tirò su il vestito facendomi capire che dovevo sfilarlo. Cosa che feci.
“Togliti il reggiseno” il suo fu più un ordine che un consiglio.
Feci come disse lei. Mi sganciai il reggiseno e le mie tette uscirono fuori vigorose davanti a lei. Che rimase a fissarle qualche istante.
“Un seno così lo vuoi tenere coperto tesoro?”
Mi imbarazzai, ma gradii il complimento. Che fa sempre piacere, soprattutto se viene da un’altra donna.
“Al limite mettiamo un piccolo sostegno nel vestito in modo che il tuo seno stia così..”
Nel dirlo prese sfacciatamente in mano la mia tetta destra, prendendola da sotto e la sollevò leggermente. Rimasi impietrita.
“Vedi come viene valorizzato così? Guarda…”
Guardai il mio seno tenuto su dalla sua mano. Dovevo ammettere che faceva davvero un bell’effetto. Poi prese in mano anche l’altra tetta, le tirò su insieme e le fece accostare l’una all’altra. Provai dei brividi lungo la schiena, non era mai capitato che una commessa si prendesse tali libertà con il mio corpo.
“Vedi come starebbe nel vestito dopo la modifica? Guardati allo specchio…”
Mi girai verso lo specchio e l’immagine fu forte per me. Vedevo lei davanti a me, con le mie tette nelle sue mani, che delicatamente me le strizzava l’una contro l’altra. Notai, dallo specchio, che le punte dei miei capezzoli erano diventate stranamente più dure. Mi stupii di me stessa. Non poteva essere stato quel contatto con lei. Quella sua confidenza intima. Sebbene non fosse la prima volta che mi succedeva.
Da ragazzina, avrò avuto intorno ai sedici anni, avevo avuto una piccola esperienza con una compagna di liceo. Un pomeriggio che eravamo a casa sua, doveva scegliere un vestito per una festa a cui saremmo andate quella sera. Lei era molto disinvolta a spogliarsi davanti a me. Ricordo che rimase perfino in mutandine. Non aveva molto seno, a dire il vero. E questo le scocciava parecchio. Mentre io avevo già una misura abbondante. E lei me la invidiava. Ricordo che mi volle far provare un suo vestito, perchè diceva che a me, col mio seno, sarebbe stato molto meglio che a lei.
Ero imbarazzata anche allora, ma lei era di quelle decise e quasi mi costrinse a spogliarmi. Rimasi anche io solo con le mutandine e, non so bene come successe, invece che provarci vestiti ci trovammo a baciarci. Era stata lei a prendere l’iniziativa, io l’avevo subita passivamente. E sul momento devo ammettere che non mi dispiacque. Anche perchè ero ancora vergine, mentre lei lo aveva già fatto. Era praticamente la prima volta che subivo delle attenzioni così intime e il mio corpo ne aveva un gran bisogno. Lo dimostrò quando lei baciandomi mi infilò una mano nelle mutandine e mi trovò tutta bagnata. A quel punto mi fece sdraiare sul letto e mi sfilò gli slip. Ero confusa ma davvero tanto eccitata. La lasciai fare. Lei mi aprì le gambe e cominciò a passarmi la lingua sulla vagina. Andai letteralmente fuori di testa. Più tardi mi disse che ero venuta parecchie volte nella sua bocca e che avevo un sapore molto buono. In effetti non mi ero mai pentita di aver provato quell’esperienza.
In quel momento, davanti alla commessa, mi tornò in mente quell’episodio che era finito nel “ripostiglio” della memoria. Adesso che ero di nuovo con le tette in mano a una donna. Come allora.
“Indossalo un’altra volta” mi disse lasciando il mio seno.
Tornai alla realtà.
“Sì, certo…”
Con il vestito addosso ricominciò a toccarmi dappertutto, per farmi capire dove avrebbe modificato il vestito e quale sarebbe stato il risultato finale. Solo che adesso il suo tocco era diventato piacevole. Troppo piacevole per me. Maledizione a quel ricordo di adolescenza.
Mi fece togliere di nuovo il vestito, questa volta mi indicava l’effetto che le modifiche avrebbero avuto sulla valorizzazione del mio fondo schiena.
Mi mise una mano letteralmente sotto al culo per sollevarlo. Solo che il suo dito sfiorò le mie mutandine da sotto e io, d’istinto, feci un gemito. Lei mi guardò stupita. stavo per diventare rossa di vergogna e cercavo il modo per giustificarmi e scusarmi. Ma non ne ebbi il tempo. La sua mano scivolò ancora di più sotto di me, sulle mutandine, nella zona più intima.
“Vedo che ti piace davvero molto questo vestito…” mi disse in tono provocatorio passandomi le dita sul tessuto e scoprendolo bagnato.
Non ebbi il coraggio di risponderle. E nemmeno di farla smettere.
Lei volle subito appurare la mia eventuale disponibilità, volle capire dove sarei potuta arrivare. Già il fatto che non le avessi tolto quella mano indignata era un segnale importante per lei. Le dava sicurezza. Con le dita sentii che mi spostava le mutandine e dopo un istante il suo dito era in mezzo alle mie labbra. Non ero in grado di reagire. Mi piaceva, c’era poco da fare.
Mi infilò subito il dito medio in vagina, fino in fondo. E io afferrai le sue spalle come per sorreggermi per non svenire. Strizzando gli occhi per quell’intima penetrazione. Sentivo il suo dito muoversi delicatamente dentro di me e non avevo il coraggio di guardarla. Ricordo solo la sua bocca cercare la mia. E trovarla. Aveva una lingua talmente morbida e abile nei movimenti che mi lasciai condurre da lei. Mi baciò a lungo mentre le sue dita giocavano dentro le mia mutandine. Ci sapeva fare. Troppo. Maledettamente troppo. Sentire le sue dita sulla mia clitoride fu semplicemente sconvolgente.
“Aspettami qui, non muoverti!” mi disse e la sentii andare a chiudere la porta del negozio. Ero confusa, sarei dovuta andare via. Ma gli umori che sgorgavano dalle mie grandi labbra tradivano la mia curiosità di rimanere. E infatti rimasi.
La guardavo tornare verso di me, senza sapere dove tutto questo mi avrebbe portata. Cosa sarebbe potuto succedere. Le risposte arrivarono ben presto.
Serena mise una mano sul mio viso e di nuovo mi infilò la lingua in bocca. Era sicura, decisa, convinta. Molto più di me, che avevo solo scelto di lasciarle condurre il gioco. Si sfilò il bellissimo vestito e rimase anche lei in intimo davanti a me. Aveva un corpo affascinante, era davvero bella. Mentre mi baciava prese le mie mani e me le fece mettere sul suo culo. Era incredibilmente duro, sodo, invidiabile. Si sganciò il reggiseno rimanendo anche lei, come me, a tette nude. Erano piuttosto grandi anche le sue, anche se più toniche, più dritte. Le mie cominciavano a essere leggermente cadenti.
Mentre le nostre lingue giocavano insieme cominciò a strofinare i suoi capezzoli sui miei. Li aveva duri, in una maniera pazzesca. Sembravano di marmo.
“Mi sei piaciuta appena sei entrata… non so perchè…” mi confidò senza che io avessi il coraggio di risponderle. Tutto quello che sapevo era che mi ritrovavo in uno stato di eccitazione che raramente avevo provato prima. Sentivo di avere le mutandine oscenamente fradice.
“Vieni con me” mi disse Serena, prendendomi per mano e conducendomi nel retro bottega. Attraversammo mezzo negozio in mutande, fortuna che aveva spento gran parte delle luci e che, a quell’ora, in quella strada passasse davvero poca gente.
Entrammo in una stanza dietro al negozio, accese la luce e vidi che era una specie di sartoria. Dove evidentemente effettuavano le riparazioni e gli aggiustamenti degli abiti. Liberò velocemente il tavolo posto al centro della stanza e mi fece sedere sopra. Cercò ancora la mia bocca. E io gliela concessi, stregata dalla sua abile lingua. Poi la sua bocca cominciò a scendere sul mio collo, cominciò a passarmi la lingua dietro l’orecchio, un punto che mi aveva sempre mandato in estasi. I miei capezzoli, normalmente piuttosto larghi, si rimpicciolirono e diventarono durissimi. Come i suoi, del resto. Avevamo voglia l’una dell’altra, questo era evidente. Fin troppo evidente.
La sua lingua continuò a scendere assaggiando il mio corpo, fino ad arrivare al mio seno. Con la punta della lingua iniziò a titillarmi la punta del capezzolo ed io, che fino a quel momento ero riuscita a contenermi, iniziai a gemere sfacciatamente. Non ero mai stata molto “rumorosa” nel sesso, vivevo il rapporto molto mentalmente, di solito. A parte quella volta in auto quando fui penetrata da quel membro veramente enorme. Quella volta urlai, eccome se urlai.
Serena continuò a divertirsi con i miei capezzoli. Me li leccava, me li tirava con le dita e con la bocca. Ogni volta che me li sentivo allungare gocciolavo nelle mutandine. Lei prese le mie mani e continuò a condurmi nel gioco, portandole sul suo seno. Lei era abile, io non ero certa di esserlo altrettanto. La cosa più semplice era fare a lei quello che sarebbe piaciuto venisse fatto a me. Così presi i suoi capezzoli tra le dita e ricambiai il favore, tirandoglieli fin quando era possibile. Cosa che anche a lei piacque molto.
Poi decise di condurmi al livello successivo.
Mi sganciò i laccetti dei sandali, lasciandoli cadere a terra. Mi diede alcuni baci sui piedi e poi me li mise appoggiati sul tavolo in modo da costringermi a stare con le cosce aperte. Mi disse di sdraiarmi. Era tutto così strano. Così nuovo. Così eccitante. Si mise con la testa tra le mie gambe e cominciò a baciarmi le cosce. Internamente. Avvicinandosi sempre più con la bocca alle mutandine. Sentivo i brividi lungo la schiena. Mi diede un bacio sulle mutandine, proprio dove intuivo fossero più bagnate.
Poi le prese per l’elastico e cominciò ad abbassarle. Tremavo, per l’imbarazzo. Sentivo le mie mutandine scorrere sulla mia pelle, mi misi le mani sul viso quando mi resi conto che ormai poteva vedere la mia fica. Mi sfilò le mutandine dai piedi, lasciandomi completamente nuda dalla testa ai piedi.
“Guardami…” mi esortò.
Tolsi le mani dal viso, sollevai leggermente la testa per guardarla. Aveva ancora in mano le mie mutandine nere. Le avvicinò al naso. Le annusò sfacciatamente.
“Ma che fai?” le chiesi ingenuamente.
“Annuso il tuo sesso” mi rispose candidamente.
Ero certa che il mio perizoma avesse un odore molto forte, lo indossavo da quella mattina. Mi vergognai di questa cosa. E poi, adesso, era ancora più sporco dei miei umori. Cavolo era davvero porca.
Poi lanciò letteralmente via il mio perizoma, che cadde lontano sul parquet.
“Tanto per un po’ non ne avrai bisogno…” e tornò col viso tra le mie cosce.
Sentii le sue dita accarezzarmi abilmente le labbra, la clitoride. Come nessuno aveva mai fatto prima. Era proprio vero quello che dicevano, che il piacere che può darti una donna non può dartelo nessuno. I maschi si erano limitati a leccarmela giusto per prepararmi a prendere dentro i loro cazzi. Quel tocco era diverso. Lei cercava il mio piacere. Quello vero. Quello davvero intimo. E sapeva esattamente dove trovarlo.
Iniziai a gemere, era impossibile trattenersi. Massaggiandomi le grandi labbra con l’altra mi fece uscire delicatamente tutta la clitoride dal cappuccio. Anche questo non mi pare me lo avesse fatto mai nessuno. Contemporaneamente con le dita mi spalancò le labbra vaginali. Mi sentivo esposta a qualcuno come non lo ero mai stata. Neanche davanti al mio ginecologo mi sentivo così in mostra. Ero spalancata, oscenamente spalancata davanti a quella donna. Che, fra l’altro, conoscevo solo da circa mezz’ora. Eppure era già riuscita a prendersi la mia intimità più nascosta.
Dopo qualche secondo saltai sul tavolo. Quando sentii la sua lingua accarezzarmi con sapienza la punta estrema del mio grilletto. Mio Dio era una cosa sconvolgente. Iniziò a torturarmelo talmente bene che persi, almeno una parte, dei miei freni inibitori. In quel momento così intenso avevo assolutamente bisogno di essere penetrata. E glielo dissi sfacciatamente.
“Ho bisogno di sentirti dentro…”
Lei non se lo fece ripetere, sentii il mio ingresso vaginale aprirsi e le sue dita entrare nel mio “mondo”. Mentre con l’altra mano continuava a tenermi la clitoride tutta fuori. Doveva essere diventata durissima, conoscendomi. Il mio “piccolo cazzo” era tenuto fermamente dalle sue dita. La penetrazione fu molto intensa, non riuscivo a capire quante dita mi avesse messo dentro. Ma mi stava letteralmente allargando tutta.
“Quante ne hai messe?” trovai il coraggio di chiederle.
“Quante ne hai bisogno” fu la sua risposta sicura.
Ero troppo curiosa, mi sollevai dal tavolo per guardare. E quasi mi venne un colpo quando mi accorsi che aveva infilato gran parte della mano dentro la mia fica.
“Oh mio Dio!” le dissi
“Sono solo quattro dita, se vuoi davvero impazzire devi fidarti di me…”
Mi rimisi sdraiata consentendole ancora di fare quello che desiderava. La penetrazione divenne ancora più intensa, mi sentivo veramente sforzare.
“Rilassati amore… e goditela…” mi rassicurò
Cominciai a fare dei lunghi respiri per agevolare quell’ingresso, nessuno mi aveva mai infilato quattro dita dentro, cazzo! Sentivo le mie pareti vaginali sforzarsi, ma invece che provare dolore provavo un piacere intenso e indescrivibile. Mi sentivo piena, completamente piena. E improvvisamente sentii calore in tutto il corpo. Ebbi un orgasmo pazzesco. Saltavo sul tavolo dal piacere. Quando mi calmai sentii di nuovo la sua voce:
“Voglio che guardi cosa ti sto facendo tesoro…”
Mi sollevai di nuovo e quando guardai tra le mie cosce stavo per svenire! Mi aveva infilato tutta la mano in fica fino al polso! Non potevo credere ai miei occhi. Vedendomi sbigottita fu lei a rompere il ghiaccio:
“Non lo avevi mai provato?”
“Oddio no! Mai! Non avrei mai creduto che…”
Che si potesse godere così tanto con una mano dentro la vagina, avrei voluto risponderle. Non lo feci, ma lei capì lo stesso. Poi fece lentamente scivolare la mano fuori dalla mia cavità vaginale e quando fu fuori rimasi ancora più sconvolta nel vedere quanto fosse ricoperta di miei umori.
“Guarda quanto hai goduto tesoro..” mi disse mostrandomi le dita tutte ricoperte dal mio orgasmo.
“E’ pazzesco….”
“Tu sei pazzesca tesoro” mi disse ancora leccandosi le dita. Cazzo se era porca.
“Voglio farti godere” le dissi istintivamente senza neanche pensarci.
In realtà non sapevo se sarei stata all’altezza della situazione, non lo avevo mai fatto prima. Ma se lo meritava, per come mi aveva fatta godere.
“Non aspettavo altro amore…”
Mi fece scendere dal tavolo e ci mettemmo in terra, sul parquet. Mi baciò, ci baciammo, ancora. Poi mi offrì i suoi piedi, le sue scarpe da sfilare. Erano molto belle, gliele sfilai delicatamente. Tutte e due. Aveva i piedi molto curati. Era tutta molto curata. Con lo smalto rosso sulle unghie. Le invidiavo anche quelli.
“Baciameli” mi chiese quando rimasi con i suoi piedi nudi in mano “Baciameli, mi fa impazzire!”
Non lo avevo ovviamente mai fatto, ma soprattutto non avrei mai pensato di farlo. Ma quella sera le mie convinzioni erano andate allegramente a farsi fottere. E io con loro.
Avvicinai le sue dita dei piedi alla mia bocca e cominciai a baciarglieli. Tutti. Dall’alluce al mignolo. Lei cominciò ad accarezzarsi le tette, a giocare con i suoi capezzoli. Continuai a baciarle le piante, passando poi da un piede all’altro.
“Leccameli” mi ordinò ancora.
Ormai i miei freni inibitori, quelli residui, erano andati a farsi fottere a braccetto con le mie convinzioni. Le passai la lingua sotto le dita e poi presi in bocca il suo alluce. Ciucciandolo come fosse un cazzo. Lei gradì. Eccome se gradì. Si infilò una mano nelle micro mutandine e cominciò a menarsela davanti a me.
“Mi fai eccitare, mi fai godere” continuava a ripetermi. E io continuavo a ciucciarglieli. Riuscendo a trovarlo perfino eccitante. Avevo in bocca i piedi di una donna praticamente sconosciuta e riuscivo a provare perfino piacere. Ero incredula.
Lei si eccitò tantissimo, non resisteva più.
“Tesoro sfilami le mutandine” mi supplicò.
Afferrai le sue piccole mutandine e gliele sfilai. Appena si ritrovò nuda lei subito spalancò le gambe davanti a me per farmi ammirare la sua fica. E dovevo ammettere che anche quella era bellissima. Non avevo mai avuto la fica di una donna davanti. Era una sensazione stranissima. Decisi di smettere di farmi “pippe mentali”. Di vivere il momento.
Lei si sdraiò sul pavimento con i piedi in aria, le gambe oscenamente spalancate. Con le mani si teneva le labbra vaginali aperte. Aperte per me.
“Sono tutta tua” mi disse.
Quel suggerimento mi bastò. Mi buttai tra le sue cosce e cominciai a leccargliela senza farmi troppe domande. Lei cominciò a godere. Era anche lei fradicia in una maniera assurda. La leccai. La assaggiai. E il suo sapore, mi piaceva. C’era poco da fare, mi piaceva un casino. Punto!
Mi presi cura della sua clitoride, molto più piccola delal mia, ma altrettanto dura. Imparai a prenderla in bocca. A ciucciarla. La conseguenza di quell’intimo trattamento la vidi poco dopo, quando infilandole la lingua in fica bevvi tutti gli umori che le colavano fuori. E mentre la scopavo con la lingua la mia mano si insinuò tra le mie cosce e mi sparai un ditale furioso. Venendo ancora, mentre lei mi veniva in bocca urlando.
“Vieni sopra di me” mi suggerì. Ed io le feci.
Mi misi a sessantanove sopra di lei, offrendole di nuovo la mia vagina da mangiare. E lei lo fece. Con una abilità assoluta. Aveva la lingua talmente lunga e dura che gliela cavalcavo come fosse un cazzo. E sborravo, continuamente. Avevo perso il conto di quante volte ero venuta. Mentre io avevo affondato la testa tra le sue cosce e mi soffocavo tra le sue labbra della fica.
Poi mi fece capire che dovevo alzarmi. Quando mi spostai da lei vidi il suo viso, completamente sporco di me, dei miei abbondanti umori vaginali. Non mi stupì, perchè i miei orgasmi erano sempre stati parecchio intensi. E quella sera mi ero svuotata molto, tanto che cominciavo ad essere stanca. Ma ancora non lo era lei.
“Vieni facciamo un altro gioco” mi propose. Si alzò in piedi e mi indicò di nuovo il tavolo.
“Mettiti sopra”
Mi misi seduta sul tavolo, con l’intenzione di sdraiarmi come prima.
“No! No… mettiti girata…”
Capii ovviamente cosa intendeva , salii sul tavolo e mi misi a quattro zampe, col culo rivolto verso di lei. Voleva leccarmela ancora, era chiaro. Probabilmente mi avrebbe penetrato di nuovo in maniera violenta. E io avevo scoperto piacermi un casino.
Lei ricominciò a leccarmi le labbra della fica e io ricominciai a gemere. Poi rimasi di merda, quando sentii la sua lingua salire e insinuarsi in mezzo alle mie chiappe. Sgranai gli occhi, anche se lei non poteva vedermi. Lo faceva davvero? Lo avrebbe fatto davvero? La mia domanda non rimase molto tempo senza risposta, perchè dopo qualche istante avevo la sua lingua sopra il buco del culo. Ero vergine dietro, ma alcuni partner me lo avevano leccato e un paio mi avevano infilato il dito nell’ano mentre mi scopavano. E la cosa non mi era affatto dispiaciuta. Solo non avevo mai avuto il coraggio di farmelo aprire come si deve.
Era fantastica anche in questo. Abilissima anche nel leccarmi il foro anale. Glielo lasciai fare molto volentieri. Sapevo cosa mi aspettava. Ma ebbi lo stesso un sussulto di agitazione quando sentii il suo dito appoggiarsi al mio ingresso anale. Lei lo voleva. E in fondo anche io. Mi rilassai e permisi al mio anellino anale di accogliere il suo dito dentro il mio sfintere. Feci un gemito molto lungo. Mi aveva trapassato l’ano con tutto il dito. E io gocciolavo sul tavolo.
“Non è la prima volta vero?”
“Spingi” la esortai senza aggiungere altro.
Ma lei di sua iniziativa mi infilò un secondo dito nel sedere che mi fece urlare. Ma non rinunciare a quel nuovo piacere.
“Ora sì , spingo…”
E, prima lentamente, poi sempre più velocemente, cominciò a scoparmi il culo con le dita. Mi bruciava ma godevo come una pazza. Stavo dando il culo a una donna. E mi piaceva da impazzire! Lei contemporaneamente mi infilò anche qualche dito, non so bene quanti, nella fica. E cominciò a scoparmi in doppia penetrazione. Non passò molto tempo da quel trattamento così depravato che le sborrai sulla mano, inondandola nuovamente di umori bollenti. Mi lasciai andare sul tavolo esausta, dopo che lei mi sfilò le dita dal culo e dalla fica. Mi aveva fatto svuotare come non mi succedeva da tempo. Forse come non mi era mai successo.
Ero tutta sudata e Serena mi fece alzare dal tavolo. Mi abbracciò e mi baciò con passione.
“Non voglio perderti” mi disse.
“Non mi perderai” le risposi mettendole le mani sul culo e cercando il suo foro anale con le dita. Mi riscoprii porca. Mi riscoprii lesbica. E questo mi dava un piacere assoluto. Come quando le mie dita affondarono con forza nel suo culo e lei venne strofinando la sua fica sulla mia coscia, prima di rivestirci e darci appuntamento per il giorno dopo. E per molti altri giorni a seguire.