La mattina dopo mi vestii per cominciare la nuova giornata di lavoro. Ero solita vestirmi in maniera piuttosto spartana per lavorare in ufficio, considerando poi che si trattava comunque di un laboratorio di pelletteria e che il mio titolare non mi aveva mai richiesto un abbigliamento diverso. Avevo preparato i vestiti sul letto. Un paio di jeans neri aderenti come piacciono a me, una felpa blu e i calzini fucsia da indossare con le scarpe da ginnastica. E che cavolo, no. Al diavolo i calzini fucsia, al diavolo anche le scarpe da ginnastica. Oggi si cambia. Il tempo finalmente lo permetteva. E non avrei perso tempo a mettermi lo smalto rosso così accuratamente per nulla.
Presi i miei sabot neri, da indossare ovviamente a piede nudo. Oggi avrei lasciato i miei piedi in bella mostra. Voglio capire, devo capire. Mi vestii velocemente, infilai i miei piedini nudi nei sabot, caffè e si parte. L’azienda dove lavoravo non era lontanissima da casa, per cui ero solita utilizzare i mezzi pubblici per raggiungerla. Erano circa quindici fermate, non l’ho mai ricordato con precisione. Una ventina di minuti circa. Stranamente puntuale, rispetto al solito, arrivò il mio autobus, la fermata era a due passi da casa mia.
Per la prima volta in vita mia stavo prendendo consapevolezza di una parte del mio corpo fino ad allora non troppo considerata e l’aspetto più sconvolgente, almeno per me, era che questa parte del corpo che fino ad oggi usavo solo per camminare, potesse davvero essere un desiderio sessuale degli uomini, certo non di tutti, almeno non del mio, oppure se quel pazzoide in chat aveva soltanto una fissazione magari dovuta a qualche trauma infantile, si dice sempre così quando non si hanno spiegazioni diverse.
Salii i gradini dell’autobus, diedi gentilmente il buongiorno all’autista di turno, come ogni mattina, la gentilezza non mi è mai mancata per mia fortuna e cominciai lentamente a camminare nel corridoio cercando un posto vuoto. A quell’ora l’autobus non era mai deserto, ma spesso avevo la fortuna di trovare almeno un posto libero. Per la prima volta camminavo con la consapevolezza che gli altri potessero vedere i miei piedi nudi e cercavo con lo sguardo un cenno di approvazione da parte di qualche uomo seduto ai lati che stesse godendo della mia voluta esibizione.
Certo a quell’ora del mattino le persone sono più intente a cercare il modo per svegliarsi piuttosto che pensare alle dita dei miei piedi in bella vista. Raggiunsi la metà del corridoio e vidi finalmente un posto libero poco distante, sul lato destro del veicolo. Passai davanti a un uomo ben vestito, doveva lavorare certamente in qualche ufficio della zona, forse un commercialista, un avvocato o qualcosa del genere. Era in giacca e cravatta e aveva una valigetta di pelle sulle gambe. Era girato a guardare fuori dal finestrino, ma quando gli passai davanti si voltò, ci fu un rapido sguardo occhi negli occhi e poi sentii quasi un soffio al cuore quando sfacciatamente abbassò lo sguardo, verso i miei piedi.
Mi fermai un attimo fingendo di perdere l’equilibrio a causa del movimento della vettura e mi sorressi alla maniglia dell’autobus. Lui aveva ancora lo sguardo rivolto verso i miei piedi. Decisi di provocarlo, volevo vedere la sua reazione. Cominciai a muovere le dita del piede incitandolo così a guardarle e lui sembrava apprezzare. Sono sicura di aver notato, in quel preciso momento, che il suo sguardo abbia avuto un sussulto, come a voler dare segno di approvazione al piccolo spettacolo che gli stavo offrendo.
Mi bastava così, non mi interessava certo abbordarlo. Tanto più che non era neanche così piacente.
Proseguii il tragitto fino a raggiungere il posto a sedere piuttosto soddisfatta, le mie teorie non erano del tutto vane. I miei piedi potevano davvero piacere agli uomini. O forse avevo soltanto trovato il secondo psicopatico sulla faccia della Terra che per una strana coincidenza astrofisica anche lui viveva nella mia città. Questo pensiero aprì in me un nuovo quesito, che non mi ero mai posta fino a quell’istante.
Ma dove abitava Coccoloso80? Effettivamente poteva avermi scritto da qualsiasi parte dell’universo, chissà perchè avevo dato per scontato che abitasse nella mia città. Questa considerazione mi rassicurò, forse non voleva incontrarmi ma soltanto parlare con me di questo argomento, avendo capito che non ne sapevo molto, avrebbe soltanto voluto darmi qualche suggerimento per riuscire, magari, a sbloccare mio marito verso questa nuova situazione. Si certo, ho trovato in chat un consulente matrimoniale, ma svegliati Claudia pensai, sorridendo, fra me e me.
Presa nei miei pensieri guardando fuori dal finestrino, non mi accorsi che un mio gesto puramente involontario stava attirando l’attenzione di un’altra persona. Seduto proprio di fronte a me c’era un ragazzo in divisa, doveva essere della Marina Militare o qualcosa del genere, non me ne intendo molto.
Mi ero seduta accavallando le gambe e mentre ero sovrappensiero stavo dondolando la scarpa con il piede. Questo movimento provocava quello strano rumore che fa la pelle del piede quando si attacca e si stacca dalla suola della scarpa, quasi come quando si stacca e si riattacca lo scotch da una superficie rigida. Questo movimento inconsulto faceva allontanare e di nuovo avvicinare la pianta del mio piede al sabot, lasciando per qualche istante il mio piede completamente esposto nudo, coperto solo dalla striscia di pelle fra le dita e il collo del piede.
Quando notai che me lo stava guardando fermai il movimento del piede nella posizione di massima esposizione. Lui continuò a fissarlo e io cominciai a trovare incredibilmente intrigante questo nuovo potere. Mi sentivo come l’ Uomo Ragno quando avrà visto uscire per la prima volta la ragnatela dal suo polso. Caspita, posso attraversare la città da palazzo a palazzo senza mezzi pubblici, avrà pensato.
Come una bambina con i super poteri, presi atto di questa nuova condizione di potere di attrazione verso l’uomo, che fino al pomeriggio precedente mai avrei pensato potesse esistere a questi livelli. “Indossai” la tutina di Wonder Woman e cominciai a dare sfoggio del nuovo potere. Feci finta di avvertire un dolore al piede dovuto a qualcosa nella scarpa e con questa scusa mi sfilai il sabot. Ingenuamente, nel farlo, guardai il suo viso rivolto verso i miei piedi. Lui se ne accorse perchè posò a sua volta lo sguardo verso il mio.
Ero stata imprudentemente sfacciata, lo sapevo, ma ormai dovevo portare avanti almeno la commedia. Finsi di cercare qualcosa dentro il sabot che avesse provocato quel fastidio continuando però a tenere la gamba accavallata all’altra in modo che lui potesse continuare ad ammirare il mio piede.
“C’è qualcosa che buca il mio piede” dissi “come se ci fosse una piccola spina”.
Finsi di cercare quella fantomatica piccola spina che poteva essersi infilata nella pianta del piede quando il ragazzo disse qualcosa che mi fece ribollire il sangue nelle vene.
“Se vuole cerco ddi aiutarla, posso vedere?” disse, avvicinando ancora di più lo sguardo sul mio piede.
“Grazie” risposi, senza neanche rendermi conto di quanto stavo diventando sfacciata, dal momento che sapevo benissimo non esserci assolutamente nessuna fantomatica spina.
Prese in mano il mio piede per guardare meglio e io sentii brividi sul mio corpo. Credo fosse la prima volta che un estraneo toccava i miei piedi e provai una sensazione stranissima, un misto fra imbarazzo ed eccitazione che mi piaceva da pazzi. Passava delicatamente un dito lungo la pianta del mio piede chiedendomi se sentivo bucare in qualche punto. Io scuotevo il capo quasi incredula di cosa stavo realmente facendo.
Magari non ci sarebbe stato nulla di male se davvero quella situazione si fosse verificata realmente, se davvero avessi avuto una spina nel piede. In fondo si trattava di aiuto umano, almeno da parte sua. Ma non da parte mia, questo era evidente. Avevo creato quella messinscena solo perchè lui si interessasse al mio piede e dal momento che tutto questo era scaturito da una nuova fantasia comunque sessuale era come se, in qualche modo, stessi facendo sesso con lui. Almeno da parte mia.
“Con il dito non si sente niente, sicura che fa ancora male?”
Tornai in me nell’attimo in cui risposi “Ehm no, grazie, in effetti non sento più dolore, Probabilmente c’era qualcosa nella scarpa che è andato via”.
Velocemente mi infilai di nuovo la scarpa, lo ringrazia nuovamente e da quel momento non lo guardai più negli occhi, soffermando il mio sguardo sulla fila di alberi che scorrevano sul finestrino. Che cosa avevo fatto? Neanche mi riconoscevo più. Che mi stava succedendo?
Arrivò il mio turno di scendere dall’autobus, salutai il militare frettolosamente, come se avessi avuto un rapporto sessuale con lui di cui mi ero prontamente pentita e scesi.
Mi incamminai velocemente verso l’azienda pensando continuamente a quello che era appena successo. Lo avevo fatto davvero. Ma non era la cosa più imbarazzante. Quello che più era incredibile era il fatto che avessi provato un impensabile piacere mentre tocava il piede nudo. Non posso dire che fosse vera e propria eccitazione, non credo di essermi bagnata per questo, ma era stato tremendamente intrigante.
Arrivai in azienda, salutai tutti come al solito e mi buttai con i pensieri a capofitto sul lavoro, che per fortuna quel giorno fu particolarmente impegnativo. Avevo una pausa pranzo di circa 2 ore che di solito passavo in ufficio a leggere o a cazzeggiare su internet. In ufficio ero sempre praticamente sola, c’era solo il titolare nell’ufficio accanto ma durante la pausa andava a casa e durante il giorno era spesso in giro per lavoro. Il mio ufficio si trovava in un piano sopraelevato rispetto al resto dell’azienda dove lavoravano gli operai. Avevo modo di accorgermi abbondantemente per tempo se qualcuno saliva verso l’ufficio.
Questo mi consentiva di avere un certo tipo di privacy. Mi lasciai cadere sulla poltrona accantonando per qualche minuto gli ordini e le fatture dei clienti e dei fornitori. Mi sfilai i sabot e misi i piedi sulla scrivania, anche questa era una cosa che non avevo mai fatto. Li guardai. “Che cosa mi state combinando” sembravo chieder loro. Mi piacevano incredibilmente ed era una cosa di cui non mi ero mai accorta.
Mi venne un’idea stramba, pensai di cercare su internet qualcosa in riferimento a questo tipo di passione. Feticismo mi pareva si chiamasse. Trovai molte descrizioni su questo tipo di passione e scoprii che tantissime persone amavano praticarla e altrettante riceverla. Meno male, non sono l’unica pazza, pensai. Decisi di andare a vedere alcune foto sulla rete, non avevo mai fatto una cosa del genere, non ero mai stata attratta dalla pornografia, tantomeno mi ero mai masturbata.
Mi era sempre bastato il sesso con il mio compagno. Trovai un sacco di foto incredibili, un sacco di donne a piedi nudi o completamente nude in tutte le posizioni del mondo e i maschietti che facevano di tutto con i loro piedi, li baciavano, li leccavano, se li mettevano addirittura in bocca. Qualcuno si faceva camminare sul corpo. Altri leccavano direttamente le scarpe. Che schifo. Vedere le foto degli altri non mi eccitava per nulla. Un ragazzone nero con una mazza spaventosa che penetrava una giovane ragazza e nel frattempo le leccava i piedi. Questo mi sarebbe piaciuto. E non parlo della mazza nera, non certo per razzismo, ma perchè non ero alla ricerca di dimensioni asinine per stare bene.
Mi soffermai su una foto e la ingrandii. Mi colpì. Una donna che a occhio poteva avere la mia età, seduta sul letto con addosso soltanto una camicetta rosa, il seno prosperoso che usciva fuori, un ragazzo evidentemente più giovane inginocchiato ai suoi piedi, intento a leccarle le dita e lei stessa con l’altro piede in mano, che se lo era portato alla bocca e se lo leccava.
Questo mi lasciò perplessa ma lo trovai intrigante. Per un istante immaginai me seduta su quel letto e lui, Coccoloso80, intento a fare il suo dovere ai miei piedi. Ma perchè leccarsi il piede da sola? Che gusto ci sarà? Fissai qualche minuto la foto, scoprii che immedesimarmi mi cominciava ad eccitare. Il ragazzo inginocchiato aveva una erezione molto evidente, il suo membro era eretto come un palo, era completamente scappellato e doveva essere duro come il marmo. Mi sembrava di sentire la sua lingua intrufolarsi fra le mie dita.
Sfilai ancora una volta il piede dalla scarpa e cominciai ad accarezzarmelo guardando la foto. Era leggermente sudato. Ero tutta leggermente sudata, adesso. Feci qualcosa che io stessa non mi aspettavo. Lo avvicinai al mio viso e cominciai ad annusarlo. Avevo fatto la doccia la mattina, come ogni mattina, per cui non poteva puzzare. Aveva un leggero odore della pelle delle scarpe misto al leggero odore del sudore. Lo trovai un odore inaspettatamente inebriante. Del resto il sesso è chimica, c’è poco da fare. Mi annusai le dita, una per una. E poi feci qualcosa che neanche decisi preventivamente di fare. Tirai fuori la lingua e cominciai a passarla sopra l’alluce, lentamente.
Poi sopra le altre dita e continuai a passarmela lungo la pianta del piede. Mi piaceva. Mi stava eccitando. Dunque era questo che si provava con la lingua sui piedi. Presi l’alluce in bocca e comincia delicatamente a succhiarlo come fosse un piccolo cazzo. Andavo su e giù come se gli stessi facendo un pompino. A quel punto sentii che stavo bagnando le mutandine, ero incredibilmente eccitata. Ormai la cosa non mi stupì più, dovevo prenderne atto e basta.
Cominciai a leccarmi tutte le dita e infilavo la lingua negli spazi aperti. La mia mano sinistra scivolò istintivamente verso i pantaloni e cominciai ad accarezzarmi fra le gambe. Intorno a me non si udiva alcun rumore, nessun pericolo in agguato. Mi sganciai la cintura frettolosamente, mi abbassai la cerniera lampo e infilai la mano dentro le mutandine. Non avevo mai fatto niente del genere fino ad allora.
Con le dita raggiunsi il mio piccolo boschetto di peli e cominciai ad accarezzarli per poi continuare a scendere verso le grandi labbra. Quando le raggiunsi con le dita mi scoprii incredibilmente bagnata, in un attimo mi ero cosparsa le dita con il mio miele caldissimo.
Passai le dita lungo le labbra e poi risalii verso il mio “bottone magico”. La mia lingua continuava imperterrita il suo lavoro. Avevo la clitoride gonfia, durissima. Non la avevo mai sentita così. Mi bastò sfiorarla che ebbi un sussulto sulla poltrona, strinsi gli occhi e scoppiai in un orgasmo fortissimo che mi inondò le dita di umori. Oh cavolo!!. Mi abbandonai sulla poltrona, incredula di quello che avevo appena fatto.
Ritornai velocemente al mondo reale e mi ricordai di essere in ufficio. Mi guardai le dita della mano ed erano ancora fradice. Le asciugai velocemente con un fazzolettino che per fortuna tenevo sempre sulla scrivania e mi ricomposi. Cosa mi sono persa in tutti questi anni? Sembravo chiedermi. Mi accorsi che sul pc c’era ancora quella foto, che pazza che ero stata. Chiusi tutto e tornai al mio lavoro, dopo essere passata dal bagno a lavarmi la faccia e a ridarmi una risistemata. Arrivò l’orario di uscita, presi la mia borsa, passai giù a salutare tutti e mi avviai verso l’autobus. Ero ancora decisamente sconvolta per quello che era successo, ma per niente pentita. Se mi era piaciuto, non avevo sbagliato.
Rientrai finalmente in casa e optai subito per la doccia. Dopo quello che avevo fatto in ufficio non mi ero neanche ripulita, ne avevo assolutamente bisogno urgente. Finita la doccia infilai il mio accappatoio e decisi a questo punto per un caffè.
Entrai in cucina, preparai la caffettiera e la misi sul fuoco. Presi il portatile e lo accesi. Sapevo che lo avrei fatto. Entrai nella chat e trovai due suoi nuovi messaggi.
“Sei sparita? La mia foto ti ha spaventata?” “Che ne dici di mandarmi una foto dei tuoi piedi?”.
Eccolo che passa al capitolo successivo. Accidenti a lui. Ora vuole pure le mie foto osè. Poi cosa mi chiederà? Una foto mentre tolgo la polvere da sotto il letto completamente nuda a culo ritto? Posai le dita sulla tastiera del portatile e digitai:
“Non sono sparita, non sono mica la tua donna che devo renderti conto di dove sono! ;-)” e inviai il messaggio.
Volevo continuare ad essere dura con lui, era comunque pur sempre un estraneo. Ma mi accorsi che quell’occhiolino che finiva la frase, che inserii istintivamente, smascherava in effetti il desiderio di ammorbidire le mie parole.
“Non mi ha spaventata la tua foto, sei un ragazzo carino mi domando perchè perdi tempo con me in chat invece di cercare belle ragazze là fuori” continuai, glissando ad arte la richiesta della foto.
“Buon pomeriggio” rispose lui. “Sei tornata Principessa :-)”
Ancora una volta le sue parole mi stupirono,addirittura mi chiamava “Principessa” adesso. Credo che nessuno lo avesse mai fatto prima, del resto.
“Passavo da queste parti” continuai, per non fargli capire che mi aspettavo i suoi messaggi.
“Sei scalza?” mi interrogò sfacciatamente.
“Sono a casa, sono ovviamente in ciabatte” gli risposi
“In effetti… intendevo se hai i piedi nudi”
“Certo che ho i piedi nudi, ho appena fatto la doccia”
“E ti sei già rivestita?” adesso andava sull’intimo.
“Non dovrebbe riguardarti ,comunque certo che si!” mentii, dal momento che ero ancora in accappatoio.
“Dal momento che sei a piedi nudi non dovrebbe risultarti difficile farti una foto ai piedini”.
Era la prima volta che usava il diminutivo, in effetti non avevo certo delle pinne, un discreto 37, poteva andare.
“A quale scopo dovrei farlo?” lo provocai.
“Perchè ti piace” fu la sua risposta che mi lasciò a bocca aperta. Così sicuro di sè da pensare che lo avrei davvero voluto fare tanto da provocarmi in questo modo?
“Ci penserò!” risposi anche io, a questo punto, sfacciatamente. E chiusi il pc, lasciandolo lì a meditare sulla mia risposta.
Andai in camera per rivestirmi. Indossai gli slip e il reggiseno, una canotta e una maglia leggera e cominciai ad infilarmi i pantaloni della tuta. Quando i miei piedi sbucarono fuori dal lato inferiore della tuta mi fermai un istante a guardarli ancora. Non ho mai pensato di poter fare una cosa del genere, voglio farlo. Li voglio fotografare. Non gliele manderò mai, sicuramente poi le cancellerò subito. Ma voglio fare questa dannata prova.
Presi il mio cellulare e impostai la fotocamera. Scattai la prima foto con le piante unite e scattai la seconda, mentre mi tenevo le dita con la mano e poi la terza, indossando le infradito. Ci fu poi la quarta, la quinta, la sesta… con i sabot, con le scarpe col tacco… una foto dietro l’altra, alla fine credo feci più di venti foto. Mi sdraiai sul letto per guardarle con calma, per vedere che effetto mi avrebbe fatto rivedere i miei piedi immortalati dietro uno schermo.
Le foto erano venute bene, ma rimasi delusa perchè riguardare i miei piedi in foto non mi provocava nessun particolare effetto. Decisi di cancellarle, forse stavo diventando veramente matta. Tornai in cucina. Riaprii il pc. Lessi i suoi messaggi.
“Forse sono troppo brutti da fotografare?” e aggiunse una faccina sorridente alla fine del messaggio.
“Non penso proprio! Se tu li vedessi impazziresti!” risposi senza neanche riflettere su quello che stavo dicendo.
Nell’istante in cui digitai le ultime parole ebbi un flash. Nel riguardare le mie foto non provai nessun tipo di particolare emozione, è vero, ma immaginare che lui potesse vederle, mi provocò un nuovo brivido.
“Se fosse così non vedo cosa ci sarebbe di male a smentirmi” continuò a provocarmi.
Adesso basta, quel “ragazzino” avrebbe trovato pane per i suoi denti. Ma chi si credeva di essere? Potevo veramente essere sua madre.
Sfilai un piede dalla ciabattina, lo appogia all’altro ancora infilato nell’infradito e inarcuai le piante per dare un senso di sensualità all’immagine. Scattai. Collegai il telefono al pc e scaricai la foto sul portatile. Aprii la foto sullo schermo per vedere come era venuta e mi piacque molto. Li vedevo sensuali come volevo, di uno risaltavo le dita con le unghie smaltate e dell’altro la pianta del piede e il tallone. Se Coccoloso80 voleva la guerra la avrebbe avuta.
Riaprii la finesta della chat e trovai il tasto per inviare le immagini, caricai la foto dal pc e cominciai a guardare il tasto “invio”. Solo un click separava la foto dei miei piedi dal mio pc ai suoi occhi. Solo un maledetto click. Rimasi titubante per qualche istante. Ero sicura di quello che stavo facendo? Era giusto? Mi tornarono in mente le parole che mi aveva scritto, la sua ultima provocazione e cliccai senza pensarci ancora. Nella chat apparve la conferma che la foto era stata inviata. Cominciai a sentire i brividi sul mio corpo. Cosa avrebbe pensato di me? Dopo qualche istante l’icona che segnalava la foto inviata cambiò colore, avvisandomi che quella foto, adesso, lui la stava visualizzando.
I brividi sul corpo aumentarono improvvisamente. In questo preciso istante lui stava guardando quella cavolo di foto, stava guardando i miei piedi nudi che da vera perversa mi ero fotografata per lui! Lo avevo fatto davvero! Sentivo un fortissimo calore fra le mie gambe, quella situazione mi stava eccitando più di quanto potessi immaginare. La mia mente cercava di rimanere razionale ma il mio corpo stava tradendo le mie vere emozioni. L’attesa della sua risposta divenne spasmodica. Che cavolo stava facendo con quella foto? Quanto ci voleva a rispondere?
Finalmente vidi che stava scrivendo qualcosa, i brividi aumentavano, il calore fra le gambe anche. D’istinto cercai di stringere le cosce, come se volessi impedire alla mia vagina di dischiudersi come immaginavo stesse facendo. Finalmente apparve il suo messaggio sullo schermo.
“Credimi, non ho mai visto due piedini più belli e sensuali dei tuoi. Meriterebbero tante attenzioni, mi auguro tu abbia qualcuno che te le faccia, altrimenti è un vero spreco…”.
Ancora una volta, aveva colpito nel segno. Che i miei piedi potessero attirare l’attenzione ormai era un dato di fatto, che ci fosse qualcuno che potesse prendersi cura di loro, anche. Che però lo facesse, no. Sembrava aver capito tutto di me con un solo messaggio. Mi fermai a riflettere su quale potesse essere la mia risposta. Cosa mai avrei potuto dirgli adesso? Che sono pienamente concorde sul fatto che i miei piedi meritino di ricevere attenzioni e che mio marito neanche se ne accorge? Inanto, per la prima volta, aveva messo in conto che potessi avere già un uomo. Se adesso gli dico che mio marito è assolutamente insensibile al fascino dei miei piedi gli darò una occasione troppo ghiotta, per lui, di partire alla carica e questo poteva diventare troppo pericoloso.
Se avessi mentito confermandogli la presenza di un compagno che soddisfa a pieno questo desiderio forse lo avrei perso.
Gli risposi “Grazie dei complimenti, ma non esagerare. Sono piedi normalissimi come quelli di tante altre. Chissà quanti ne avrai visti…” glissando, per il momento, l’argomento compagno.
“Credimi se te lo dico, sono veramente i più sensuali che abbia mai visto” tornò alla carica.
“Allora grazie” risposi nuovamente.
“Credi sia possibile poterli vedere dal vivo?”
“Sei matto, neanche ti conosco! Ma da che parte di mondo vivi, oltretutto?”
Da una parte temevo la sua prossima risposta, se si trovava dall’altra parte dell’emisfero forse ci sarei addirittura rimasta male. Ebbi un nuovo brivido lungo la schiena quando la sua risposta mi confermava che si trovava a poche decine di chilometri da dove abitavo io.
“E comunque non mi sembra il caso, sono una donna impegnata e non capisco oltretutto il motivo perchè tu voglia vederli” proseguii, svelando a questo punto la presenza di un uomo accanto a me, che però, non fece traballare minimamente le sue intenzioni.
“Non ho assolutamente intenzione di rovinare niente nella tua vita, oltretutto sei una donna troppo grande per me, per una storia intendo. Ti volevo proporre soltanto un caffè, come si fa tra due amici, in un luogo pubblico. Magari sarebbe l’occasione per vederli, basta che indossi le scarpe giuste”
Mentre scorrevo il suo messaggio con gli occhi immaginavo la scena, simile a quella che avevo vissuto la mattina sull’autobus. E questa volta, ne ero certa, la mia vagina cominciò a bagnare le mutandine.
“Ti faresti quasi cinquanta chilometri solo per venire a vedere i miei piedi?”
“Sicuro, che lo farei.”
La sua risposta mi fece eccitare ancora di più. Probabilmente non aveva davvero intenzioni cattive, in fondo avevo fatto la stessa cosa quella stessa mattina sull’autobus: esibire i miei piedi.
“Ci penserò!” e come al solito chiusi il pc senza attendere la sua risposta.
Mi alzai per andare in bagno, in quel trambusto mentale mi accorsi che mi stavo facendo la pipì sotto tanto mi scappava forte.
Raggiunsi velocemente il bagno, mi sfilai i pantaloni della tuta e li appoggiai sul bordo della vasca, poi le mutandine. Come immaginavo erano di nuovo completamente bagnate. Mi misi seduta sul water con le mutandine in mano, cercando il lembo di tessuto dove fino a poco prima poggiavano le mie più intime labbra e osservai la scia umida e appiccicosa dei miei umori.
Feci ancora una volta una cosa mai fatta, le avvicinai al viso e le annusai. L’odore del mio sesso era forte, un odore dolce ma deciso. Inebriante perfino per me, figuriamoci per un maschio. Cominciai a pensare come sarebbe stato quell’incontro, se davvero ci sarebbe stato. Come mi sarei sentita offrendogli la vista dei miei piedi. E come si sarebbe comportato lui. Del resto l’incontro sarebbe avvenuto come ha detto lui in un luogo pubblico, quindi non avrei certo rischiato che mi saltasse addosso. In fondo avevo io il coltello dalla parte del manico. Potevo provocarlo senza rischiare nulla.
Questo pensiero tornò nuovamente ad eccitarmi, mentre le mie piccole labbra questa volta si dischiusero per far uscire l’urina che mi riempiva la vescica. Fu una piacevole sensazione di sollievo, come ogni volta che la trattieni talmente tanto che quando finalmente hai l’occasione di farla è piacevole quasi come un orgasmo. Strappai qualche lembo di carta igienica per asciugarmi le labbra ancora gocciolanti, lanciai le mutandine più vicino possibile alla cesta della biancheria sporca, ricordandomi che quello, oggi, era già il secondo paio che sporcavo e aprii le gambe per sedermi sul bidet.
Aprii il rubinetto dell’acqua calda e cercai di miscelarla per ottenerla tiepida come piace a me. Raccolsi con la mano una manciata di acqua delicatamente calda e la lasciai cadere sulla mia vagina che aveva le labbra ancora visibilmente aperte. Presi la saponetta e cominciai ad insaponarmi, passandola lungo tutta la fessura. Quel gesto normalmente consueto, quella volta mi donò un particolare piacere. Nella situazione mentale in cui mi trovavo, sentire la consistenza comunque dura della saponetta appoggiarsi sulla mia fica e dividere le labbra l’una dall’altra andando così a strusciare al magico ingresso era particolarmente eccitante.
Continuai per qualche secondo ad insaponarla per prolungare quello sconosciuto piacere e poi riposi la saponetta nel suo alloggio sopra il bidet. Cercai di aprire le gambe più possibile puntando le dita dei piedi sul pavimento e appoggiando i talloni alla base del bidet.
Quel giorno, in ufficio, mi ero masturbata come non avevo mai fatto prima. Come non avevo avuto mai bisogno di fare prima. Ma adesso la avevo davanti a me, la guardavo, mi piaceva come era fatta, devo ammetterlo. La mia clitoride era sempre stata molto pronunciata, un particolare che da ragazzina mi faceva vergognare perfino di farmi vedere nuda da mia madre. Perchè si nota e si è sempre notato benissimo.
A dire il vero nessun maschio si era mai soffermato a valutare questo particolare, se non il mio ginecologo che durante la mia prima visita doveva essersi accorto del mio evidente imbarazzo. Del resto avevo soltanto 14 anni quando feci la mia prima visita. Mia madre mi portò dal suo medico per una forte infiammazione alla vagina. Ero ancora vergine. Ricordo che entrai da sola nella stanza e mi trovai davanti questo dottore sulla trentina. Il vecchio ginecologo di mia madre era ormai andato in pensione e fu costretta a sceglierne un altro, di cui, però si fidava ciecamente perchè le era stato consigliato da molte amiche. Si aspettava il mio naturale imbarazzo essendo la prima volta e devo dire che fu molto bravo a mettermi a mio agio.
Non mi fece neanche accomodare su quella strana poltrona dove sei completamente esposta con le gambe all’aria alla sua vista, che era il mio più grande terrore. Non dormii per due notti pensando a quella visita. Dopo avermi parlato per un bel pò e scritto molte cose su una scheda mi pregò di stare molto tranquilla e di togliermi le scarpe e i pantaloni per poi andare a sedermi su un lettino al lato della stanza. Il fatto che non mi avesse di togliermi le mutandine mi fece rilassare, pensai che riuscisse a visitarmi anche in quel modo. Illusione che durò solo pochi minuti, perchè quando mi fece poi sdraiare sul lettino si infilò un paio di guanti in lattice e mi disse che mi avrebbe abbassato leggermente le mutandine solo per dare un’occhiata veloce e che sarebbe durato pochissimo.
Dovetti, ovviamente, acconsentire. Il medico prese le mutandine dagli elastici laterali e con un gesto deciso le fece calare fino alle mie ginocchia. Istintivamente voltai il viso verso il muro e portai una mano sulla mia vagina cercando di coprirla. La mia più grande paura era proprio quella che potesse vedere quel “bottone” già così pronunciato che era la mia clitoride. Sapevo che non era una cosa comune, perchè le chiacchiere fra amiche mi avevano convinto che era solo una mia particolarità fisica.
Il ginecologo abbozzò una piccola risata conscio del mio naturale stato di imbarazzo. Cercò ancora una volta di parlarmi per tranquillizzarmi, dicendomi che era per il mio bene e l’infiammazione se non curata poteva portare conseguenze pericolose e quindi mi tolse delicatamente la mano da lì davanti. Ricordo benissimo che avevo già molti peli sulla mia giovane patata ma la mia clitoride riusciva a farsi strada da quel boschetto adolescenziale e spuntare vigorosa fuori come un piccolo pene.
La posizione per visitarmi non era evidentemente consona per lui quindi, sperando avessi ormai superato il primo imbarazzo, mi sfilò le mutandine rosa del tutto e le appoggio accanto a me sul lettino, pregandomi poi di inarcuare le ginocchia e di allargare leggermente le gambe. Adesso si che ero veramente esposta. Continuai a fissare la parete bianca dell’ambulatorio, mentre sentivo le sue dita farsi strada fra i miei peli per raggiungere le mie piccole labbra.
Quando le toccò ebbi un sussulto che lo costrinse a tranquillizzarmi ulteriormente. Non sapevo bene cosa stesse facendo di preciso ma sentii improvvisamente fresco dentro la mia patatina, evidentemente me la stava aprendo per guardare dentrro. Sapeva ovviamente che ero vergine, per cui non ci fu nessuna ispezione interna, si limitò ad osservarla solo esternamente e limitandosi a tenermi aperte le piccole alette della mia farfallina.
L’apice dell’imbarazzo lo raggiunsi quando per qualche istante che mi sembrò interminabile mi fece sollevare le gambe con i piedi in aria e con una mano mi divaricò leggermente le natiche per controllare se il mio forellino dietro fosse interessato dall’infiammazione. Ci mancava pure che durante la mia prima visita così intima mi guardasse il buco del culo, pensai. Poi mi fece tornare nella posizione precedente e diede un’ultimo sguardo proprio alla zona dove si ergeva sicuro il mio grilletto.
Fu allora che disse qualcosa riguardo al mio clito o almeno lo fece indirettamente dicendomi che la mia vagina era perfetta in tutto e per tutto e che il mio sviluppo era ottimo. Capii così che quel piccolo pisellino che mi spuntava dalla sommità della vagina poteva andare bene così. Mi segnò una cura di antibiotici e mi disse che se non avvertivo ancora bruciore durante la minzione potevo anche non tornare. Per fortuna, scampato pericolo di un altro imbarazzante controllo.
Molti anni dopo mi ritrovavo a gambe aperte sul bidet a guardarmi quel clito come organo di piacere invece che di imbarazzo. Mio marito, almeno in questo, era molto abile a sfruttarne le capacità di eccitamento che mi provocava quel punto, quando me lo accarezzava con le dita o con la punta della lingua avevo orgasmi esplosivi.
Avevo ancora le labbra completamente insaponate, comincia a passarci sopra le dita come ogni volta che dovevo lavarmela, ma questa volta i movimenti erano più lenti e provocatori. Dopo due gravidanze naturali, anni di sesso e mettiamoci pure la mia età non più giovanissima anche le mie labbra erano molto più pronunciate rispetto a quando ero ragazzina. Era davvero la prima volta che guardavo la mia vagina in questa maniera. Ce la avevo fra le gambe da 45 anni e mai come oggi ne apprezzavo le caratteristiche.
Del resto, era successa la stessa identica cosa con i miei piedi. Con la mano asciutta mi sfilai un po’ goffamente la maglia, tirai via la canotta e mi sganciaicon qualche difficoltà il reggiseno. Adesso ero completamente nuda seduta sul bidet, guardavo il mio copro senza veli e forse fu l’unica volta in vita mia che rimasi davvero compiaciuta di come ero fatta. Oltretutto per non essere più una adolescente da parecchi anni, avevo davvero un corpo appetitoso, pensai fra me.
Le mie dita continuarono a insaponare le mie labbra mentre cominciai a guardare anche il mio seno. Una bella quarta che il marito apprezza, due capezzoli belli larghi come piacciono a lui, di un marrone piuttosto scuro, le punte ben pronunciate che adesso erano diventate anche discretamente dure. Inconsciamente portai la mano libera al mio seno e cominciai ad accarezzarmelo, soffermandomi su quei capezzoli che adesso erano diventati più piccoli ma molto più duri. La punta adesso era dura come il marmo, mi resi conto che l’altra mano aveva smesso di insaponare ed aveva cominciato un movimento circolare intorno al clito.
Avvertivo la sua presenza contro le dita della mano perchè quando ero in questo stato di eccitazione usciva ancora di pù dalla pelle che lo ricopriva e diventava durissimo. Come lo era adesso. Come non lo ricordavo da molto. Con l’altra mano continuavo a stringere forte il mio seno mentre con le punte delle dita adesso giocavo perversamente con il capezzolo. Cominciai a mordermi il labbro, le dita sulla fica cominciarono a muoversi più freneticamente, il respiro si faceva pesante, non curante dell’acqua che continuava a scorrere inutilmente. Sentivo i gemiti uscire dalla mia bocca, le mie dita dei piedi si sollevavano verso l’alto come a partecipare a quel godimento che coinvolgeva adesso ogni centimetro del mio corpo e finalmente ebbi il coraggio di liberare la mente da ogni inibizione e cominciai a pensare a lui.
A giocare di fantasia. E si sa che quando parte la fantasia tutto è lecito. Lo immaginavo mentre mi spiava i piedi sotto al tavolino del bar, mentre si chinava sotto al tavolo per baciarmeli, per leccarmeli. Lo vedevo eccitato, con i miei piedi in mano e il suo cazzo che scoppiava nei pantaloni. Il bello della fantasia è che è solo fantasia, pensavo per giustificare il mio comportamento. La mai fica cominciava a pulsare, il cuore andava a mille, mi infilai un dito dentro, ma sentivo che non mi bastava assolutamente. Ero troppo abituata a ben più ampie dilatazioni. Ne infilai due, spingevo per aprirmi le pareti vaginali, per simulare il più possibile l’ingresso di un cazzo. Devo essere sincera, non potevo mentire a me stessa. Non stavo immaginando il cazzo di mio marito in quel momento, ma quello dell’avventuroso cybernauta amante dei piedi. Le gambe però cominciarono a farmi male per la scomoda posizione, decisi quindi di sciacquarmi via il sapone, di asciugarmi alla meno peggio e corsi in camera da letto come una ragazzina vogliosa quando i genitori escono.
Controllai velocemente l’ora sul cellulare per evitare che mio marito tornasse e mi sdraiai sul lettone. Era già la seconda volta quel giorno che mi prendeva questa voglia frenetica. Ero ancora eccitata da pazzi, continuai il sogno che avevo cominciato in bagno, spalancai le gambe e comincia di nuovo a roteare le dita sul mio grosso clito che era ancora incredibilmente duro. Mi accarezzavo perversamente il seno e mi stringevo forte i capezzoli quando volevo prolungare il piacere e rimandare ancora l’orgasmo. Sollevai i piedi in aria, assunsi una posizione ginecologica, adesso mi penetravo a fondo con due dita guardando le mie dita dei piedi che si muovevano ansiose in aria.
Immaginavo che lui ora fosse li, davanti a loro, che appoggiasse la sua umida lingua sulle mie piante, che scendesse verso il tallone per poi risalire ancora, che si insinuasse freneticamente in mezzo alle dita, che mi succhiasse l’alluce e poi ogni dito, uno per uno. Le dita cercavano di affondare ancora di più dentro di me, mi sembrava di vederlo con il cazzo duro in mano, che si masturbava eccitato per quello che mi stava facendo. Avrei dato qualsiasi cosa in quel momento di euforia sessuale per avere una lingua fra i miei piedi. Ero tutta sudata, avevo i brividi su tutto il corpo.
Presi un piede con la mano e lo avvicinai alla mia bocca, cominciai a passarmi la lingua sull’alluce, poi su tutto il piede, me lo leccavo avidamente e a questo punto avevo assolutamente bisogno di una penetrazione più forte, più possente. Cominciai allora a penetrarmi con tre dita, adesso la mia fica faceva più resistenza, dovevo sforzare le pareti vaginali per entrare ma era quello che volevo. Mi facevo male ma mi piaceva incredibilmente. Le dita cominciarono lentamente a sparire dentro la mia fessura mentre la mia lingua continuava avidamente a succhiare le dita dei piedi. Sentivo di essere vicina. Le dita cominciarono a spingere più forte e più velocemente. Mi stavo sfondando da sola. Immaginai che fosse lui a darmi quei colpi incredibili con il suo cazzo duro e possente e improvvisamente ebbi una palpitazione, il mio corpo cominciò a tremare, la mia fica esplose in un orgasmo sconvolgente.
Sfilai le dita dalle mie labbra e vidi dalla mia fica partire tanti piccoli schizzi che cadevano sul lenzuolo. Non avevo mai fatto una cosa del genere. Non ero mai venuta così. Non avevo mai schizzato come un uomo. Mi lasciai cadere esausta sul letto, ancora tremante. Sentivo la mia fica ancora pulsare, era incredibilmente spalancata. Temendo che i minuti fossero passati senza accorgermene e che mio marito potesse rientrare mi alzai di corsa dal letto, guardai le lenzuola schizzate dal mio piacere, erano certamente da cambiare. Mi feci velocemente un’altra doccia senza più pensare a quello che avevo fatto, e di cui non riuscivo a provarne vergogna.