Mi chiamo Sabrina, ho 18 anni. Fin da piccola sono abituata, quando sono in casa, a stare diciamo molto “in libertà”.
Questo perché ho avuto la fortuna di avere due genitori per niente bigotti, che non hanno mai avuto problemi a farsi vedere nudi da me e mio fratello. Luca, mio fratello appunto, ha cinque anni più di me, adesso non vive più con noi, è andato a convivere con la sua fidanzata.
Ma fin da piccoli siamo stati abituati a vedere i nostri corpi senza alcuna inibizione. Del resto in origine gli uomini erano nudi, o no?
Per questo motivo io ho sempre visto mia madre e mio padre farsi liberamente la doccia, così come mio fratello. E loro hanno sempre visto me.
Non ho mai vissuto il pene e la vagina come qualcosa di scabroso. Anzi, come una parte del corpo assolutamente naturale.
Ho visto mio fratello crescere e di conseguenza anche il suo membro svilupparsi con l’età. E non l’ho mai vissuta come una cosa osè. Fin quando ha vissuto con noi. E vi posso assicurare che il suo membro, nel tempo, si è sviluppato parecchio. Le ultime volte che l’ho visto nudo lo prendevo in giro dicendogli “spostati con quella proboscide” e ci ridevamo sopra. Del resto, era di famiglia, perché anche mio padre aveva un bel randello tra le cosce.
Allo stesso modo lui ha visto lo sviluppo del mio. Non ho mai provato vergogna, in famiglia, per il mio corpo. Hanno visto la crescita dei primi peli, lo svilupparsi del mio seno. Fino a vedermi con il boschetto tra le gambe per poi “vivermi” nella fase dell’inizio della depilazione completa.
Mia madre si è sempre depilata completamente tra le gambe e inizialmente non la capivo. per me era un vanto, da adolescente, avere i peli sulla vagina. Mi facevano sentire adulta. Poi ho capito che l’essere donna non dipendeva dalla presenza o meno dei peli sulla mia patatina e allora ho cominciato anche io a depilarmela completamente. Come mamma. A volte era addirittura capitato che lo faceva con piena tranquillità mentre io ero in bagno. Una famiglia totalmente disinibita. Come, secondo me, dovrebbe essere per tutti.
Per questo motivo sono sempre stata abbastanza nuda in casa. A volte perfino completamente, altre volte solo con le mutandine o una maglietta.
Ovviamente mi masturbo da diversi anni. Ho cominciato intorno ai tredici a provare piacere nel’accarezzarmi. E ovviamente questa è sempre stata una cosa mia personale. Come il sesso tra i miei genitori. Siamo una famiglia libera, non certo incestuosa.
Fu proprio un giorno che ero sola in casa che ne approfittai, come spesso facevo, per masturbarmi un po’. Anche allora lo feci sul divano in salotto, mentre sul mio portatile scorrevano le immagini di un bel porno come si deve. Una giovane biondina che si faceva rompere tutta da un maschione nero. Mi hanno sempre eccitata quei grossi bastoni neri, anche se mai avrei avuto il coraggio di provarli.
Non ero più vergine ormai da qualche anno, avevo anche avuto qualche proposta da alcuni ragazzi di colore ma non me l’ero mai sentita. Non per razzismo, per carità.
Quel giorno, come al solito, ero completamente nuda con le gambe ben spalancate e le mie dita stavano frullando velocemente il mio clitoride. Ero vicinissima all’orgasmo quando, non so neanche per quale motivo, i miei occhi caddero verso la finestra. Le tende erano aperte, non avevo mai pensato di chiuderle. E mi accorsi che nella terrazza di fronte c’era un uomo che mi guardava.
All’inizio pensai che stesse semplicemente guardando per i cavoli suoi, poi fu evidente che stava spiando me. Non ebbi l’istinto di coprirmi, perché come detto la nudità non era per me una vergogna.
Però quella “presenza” nella mia intimità mi incuriosì.
Conoscevo l’uomo che abitava in quella casa. Era un trentenne vestito sempre elegante. Lo avevo visto spesso entrare nel suo portone, ma non ci avevo mai scambiato parola. Giusto un “buongiorno” o un “buonasera”. Credo che fosse un imprenditore, doveva avere un’azienda di servizi o qualcosa del genere.
Era anche un bell’uomo, non c’era dubbio. Sebbene non lo avessi mai calcolato vista la differenza di età.
Rimasi un attimo interdetta, non sapevo bene come fare. Avrei dovuto forse ricompormi, chiudere le tende e poi ricominciare. Ma non lo feci. Spostai di nuovo lo sguardo sul porno che nel frattempo era andato avanti. In questo momento il ragazzo di colore stava leccando la fica alla ragazza. Adoravo vederlo fare e mi bagnai in un attimo. Mi dimenticai per un istante di quella “presenza” scomoda, di quegli occhi indiscreti sul mio giovane corpo. D’istinto spalancai le cosce e di nuovo permisi allo spione di guardarmi con le dita nella fessurina fradicia.
Mentre mi penetravo sempre più forte ci pensai, al fatto che mi stesse guardando. E la cosa mi eccitò talmente tanto che venni bagnando tutto il divano. Chiusi il pc e con la massima disinvoltura andai in bagno, passando volutamente davanti alla finestra, offrendogli la visione del mio culo giovane e sodo, senza fargli capire che sapevo.
Dopo quell’episodio cercai di fare caso alla sua presenza. Per vedere se mi spiava ancora. La cosa più sorprendente era che lo speravo. Lo desideravo. I suoi occhi sul mio corpo mi facevano sentire desiderata. Immaginavo il suo cazzo nei pantaloni che scoppiava dalla voglia di possedermi. Di entrarmi con forza in fica.
Così, quando mi trovavo ad essere sola in casa, cercavo di stare meno vestita possibile. Anche se per me non era certo una novità. Qualche giorno dopo lo trovai ancora lì, sul terrazzino, a guardare verso la mia casa. Stavolta volevo condurre il gioco. Se voleva giocare, lo avrei fatto giocare io.
Per fortuna era estate, quindi era molto più semplice stare poco vestita. Mia madre mi aveva lasciato il compito di stendere la biancheria. Ne approfittai subito appena lo vidi. Indossavo solo una maglietta e il perizoma, in quel momento. Presa la cesta della biancheria e andai in terrazza. Feci ovviamente finta di non vederlo, di non sapere che era lì. Mi comportai nella maniera più naturale possibile.
Misi la cesta in terra e cominciai a chinarmi per prendere i vestiti da stendere. Ovviamente, dandogli le spalle, in modo che ogni volta che mi abbassavo e la maglietta si sollevava, lui potesse vedere il mio culo coperto solo da un piccolo filo di tessuto. Sapevo di avere un culo molto bello, non lo avrebbe certo lasciato indifferente. Ogni volta che mi chinavo era come se sentissi i suoi occhi toccarmi il culo. Lo immaginavo sognare di strapparmi quelle mutandine con i denti e ficcarmi la sua mazza dentro la passera in un colpo solo. Cominciai a bagnarmi, in una maniera indecente.
Mi sembrava di sentire addirittura l’odore forte dei miei umori vaginali entrarmi nel naso. Non guardai mai verso di lui, ma sapevo che c’era. Decisi di osare di più. Rientrai un attimo in casa, mi nascosi dietro la tenda del salotto e mi sfilai le mutandine. Le guardai, erano coperte di umori densi. Quel gioco mi eccitava da pazzi.
Uscii di nuovo in terrazza, stavolta senza le mutande, con addosso solo la maglietta. Mi chinai per prendere un altro capo da appendere, si sarebbe sicuramente accorto che sotto la maglietta ero completamente nuda. Lanciai un’occhiata veloce verso di lui, cercando di farlo sembrare una cosa normale. Senza dargli peso. E mi sconvolse.
Indossava solo dei pantaloncini blu, era appoggiato alla ringhiera. Dai pantaloncini, vicino alla sua coscia destra, faceva “capolino” una cappella veramente notevole! La vidi per un secondo o poco più, ma era evidente. D’istinto mi venne da stringere le cosce, perché sentii del liquido fuoriuscire dalle mie labbra vaginali. Rientrai in casa lasciando ancora qualche capo da stendere. Mi infilai in bagno, mi misi appoggiata al lavandino. Mi infilai due dita in fica e mi sparai un ditalino talmente violento che gocciolai tutto il mio piacere sul pavimento. Non ero mai venuta così. Quella situazione e quella grossa cappella fuori dai pantaloncini mi avevano mandata nei pazzi.
Non tornai in terrazza quel giorno e quando mamma rientrò, mi presi pure una sgridata perché non avevo finito di stendere i panni come mi aveva chiesto.
Qualche giorno dopo decisi di anticipare le sue mosse. Indossai una canottiera molto leggera e uscii in terrazza senza mutandine., quando ancora lui non c’era. Mi misi seduta su una sdraio a leggere con i piedi nudi appoggiati alla ringhiera. In questo modo potevo stare con le gambe oscenamente aperte, in modo che soltanto dalla sua posizione potesse vedere. Lo stavo facendo diventare il mio ginecologo. Mi misi effettivamente a leggere, dondolando le gambe per attirare la sua attenzione.
Dopo circa quindici minuti lo vidi uscire in terrazza. Coperto solo da un asciugamano avvolto in vita. Anche lui faceva finta di nulla, guardando da una parte all’altra. Mi sentivo di nuovo fradicia, spalancai le gambe più che potevo. Volevo ardentemente che mi vedesse, che vedesse meglio possibile il mio lungo taglio vaginale. E sono sicura che lo vide.
Lo vidi rientrare in casa e quando uscì nuovamente il suo asciugamano gli copriva solo la pancia, lasciandogli le “grazie” completamente nude! E che grazie!!! Il suo membro arrivava a metà della sua coscia, era completamente scappellato e lo vedevo sobbalzare a pochi metri da me. Superava perfino la dotazione di mio fratello, finora nessuno di quelli che avevo visto ci era riuscito!
Cominciai a gocciolare vedendo quel randello e ricominciai a fingere di leggere. Ma la mia mano si spostò velocemente in mezzo alle mie cosce e come una ragazzina depravata e porca cominciai ad accarezzarmi le grandi labbra davanti a lui. Il mio indice e il mio medio spalancarono la mia giovane patatina alla sua vista. Avrei voluto vedesse quanto ero fradicia dentro. Mi accontentai di vedere il suo cazzo alzarsi, imponente, in mezzo alle sue gambe.
Adesso aveva un’asta orizzontale che puntava direttamente verso di me, verso la mia fica non certo abituata a tanta generosità. Mi infilai due dita in fica e cominciai a spingermele con una certa forza. Lui, in tutta risposta, impugnò il suo randello e lentamente cominciò a menarselo. Tutto senza incrociare i nostri sguardi.
La situazione era intrigante, dalla mia vagina continuavano a sgorgare fluidi in continuazione. In quel momento avevo un incredibile bisogno di cazzo e mi sarei fatta infilare il suo senza alcuna titubanza. Anche se mi avrebbe fatto sicuramente male con quel cavedano tra le cosce.
Avevo messo apposta una canottiera piuttosto leggera e larga, non fu certo difficile fare uscire le mie tette abbondanti e regalare anche loro sl suo sguardo. Avevo i capezzoli talmente duri che sembravano voler scoppiare. Cercai di affondare le mie dita in vagina il più possibile per simulare al meglio quella che sarebbe probabilmente stata la sua penetrazione: possente e profonda.
Intanto lui continuava a menarselo spudoratamente e guardandolo venni gemendo, inondandomi la mano di umori vaginali. Lui probabilmente se ne accorse o mi sentì, perché dopo qualche secondo lo vidi girarsi verso la sua terrazza e dalla sua cappella partirono quattro o cinque bordate di sperma impressionanti che mi lasciarono sconvolta.
Rientrai in casa senza che i nostri sguardi si incrociassero mai.
Ripensai tutto il giorno a quello che stava succedendo, a quanto stavo facendo la maiala con lui, un uomo molto più grande di me. E invece che scandalizzarmi continuavo a bagnare le mutande. Era diventata un’ossessione sessuale quell’uomo.
Finché un giorno successe l’impensabile. Stavo rientrando a piedi a casa dopo alcune commissione fatte per mia madre. Passai proprio davanti al suo palazzo e lo vidi arrivare col suo Mercedes bellissimo. Doveva avere anche un sacco di soldi il diabolico bastardo. Cominciai a camminare più lentamente, lo vidi scendere di macchina in tutta la sua eleganza. Si accorse di me, mi guardò. Il suo sguardo mi trapassò le viscere e la mia fica a “commuoversi” nelle mutandine.
Perché mi faceva quell’effetto? Non sapevo spiegarmelo. Mi sorrise. Cominciò ad incamminarsi verso il suo portone. Ogni tanto si girava per guardarmi, non mi fece alcun segno evidente di invito, ma io dentro di me capii lo stesso. Entrò nel portone e lasciò la porta aperta.
Non ci fu alcun motivo razionale per cui dovevo seguirlo in quel portone. Eppure lo feci. Senza pensare, stregata.
Entrai nel portone e lui era lì. Non ci dicemmo neanche una parola. Lui mi mise girata verso il muro, in un posto dove evidentemente poteva controllare se arrivasse qualcuno da ogni direzione. Mi sentii abbassare i pantaloni della tuta, poi lo sentii armeggiare ai suoi. Guardavo il muro e stavo con le mani appoggiate, in attesa degli eventi. Sentii la sua mano infilare tra le mie cosce e d’istinto le allargai.
Mi passò una mano sulle mutandine e si accorse che ero schifosamente fradicia. Poi sentii qualcosa di incredibilmente duro entrare a incastrarsi nel filo del mio tanga. Ci aveva infilato il suo cazzone e in quel modo me lo strusciava contro le mele.
Feci un gemito, fu probabilmente il segnale che aspettava. Mi tirò giù le mutandine in un secondo, mi prese una grande paura di sentire male. Ebbi solo il tempo di dare un’occhiata alle mie mutande e vederci una pozza di umori.
Poi sentii la sua enorme cappella cercare tra le mie cosce e trovare l’ingresso del mio corpo. Dopo quel momento la vista mi si annebbiò, un forte dolore mi pervase, la sua cappella mi aveva paurosamente sforata per entrare in me. Fortuna che mi aveva messo una mano sulla bocca, in quel modo il grido che lanciai fu molto attenuato. Continuò a spingere la cappella facendo entrare in me tutta la sua asta spropositata. Mi sentii impalata in una maniera pazzesca. Se quello era scopare, nessuno mi aveva mai scopata prima di allora.
Dopo i primi attimi di dolore, cominciai a sentire un gran calore su tutto il corpo. E una incredibile sensazione di piacere. Cominciai a gemere e lui iniziò a pompare il suo cazzo dentro di me sempre più forte. La sua cappella raggiungeva posti dentro la mia fica che nessuno aveva mai visitato.
Mi sconquassava e nonostante questo godevo come mai avevo fatto in vita mia. Mi sollevò la maglietta e mi tirò fuori le tette dal reggiseno. Ricominciò a pomparmi forte mentre con una mano mi stringeva una tetta fortissimo.
Non mi vergogno a dire che in quel momento mi sentivo una puttana, la sua lurida puttana. E questo invece che scandalizzarmi mi eccitava. Non so quante volte venni consecutivamente, ma ogni tanto vedevo partire degli schizzetti dalla mia fica che inondavano i miei pantaloni e il pavimento.
Mi scopò per una decina di minuti, sempre nella stessa posizione, senza mai guardarci negli occhi. Come nel nostro gioco a distanza. Poi lo sentii sfilare il cazzo dalla mia fica dilatata, mi disse di chiudere gli occhi, lo feci.
Mi girò verso di lui, mi fece inginocchiare. Senza aspettare altri suoi ordini con la mano riuscii a trovare ed afferrare con forza il suo mostruoso bastone di carne. Adesso mi rendevo veramente conto di quanto fosse grande. Senza indugi cercai di prenderlo in bocca il più possibile. Era impossibile farlo entrare nella mia piccola bocca per più di metà. Lo segai forte sentendo sotto il palmo della mia mano le sue vene gonfissime.
La sua cappella era fradicia di tutti i miei orgasmi, gliela ripulii tutta con la lingua. Poi mi spinse la testa per costringermi a prenderlo in bocca e dopo qualche istante mi sentii schizzare direttamente in gola. Non finiva più, avevo la bocca completamente piena di sborra, tanto che non riuscivo a contenerla. Cercai di ingoiarne il più possibile ma una gran parte mi colava dai lati della bocca sui miei vestiti.
Quando finì di sborrare, sempre a occhi chiusi, glielo ripulii dalla cappella fino ai coglioni. Poi mi alzai sempre ad occhi chiusi, mi voltai e mi rivestii. Lui probabilmente fece altrettanto. Riuscii a ricompormi meglio possibile e senza dirci ancora nulla io uscii dal portone e lui salì in casa.
Mi incamminai velocemente verso casa con la fica dolorante e i vestiti tutti sporchi di sborra. Anche se la quantità maggiore ce l’avevo nello stomaco. E nessun pentimento. Se avessi potuto tornare indietro nel tempo lo avrei rifatto senza problemi.
La cosa triste è che dopo quel giorno lui cambiò casa. Non lo rividi più. Ogni tanto mi affaccio alla finestra e guardo verso quella casa, ancora vuota. Aspettando, chissà, il prossimo spione.