La mattina seguente indossai i miei jeans e scelsi una camicetta rossa. Guardai le mie scarpe da ginnastica nella scarpiera. Non avevo idea di cosa volesse fare. Mi infilai un paio di calzini corti e le indossai. Uscii di casa e mi incamminai verso la fermata. Quasi mi pentii di avere indossato le scarpe da ginnastica, era una giornata molto calda sarei stata decisamente meglio con i sandali a piedi nudi.
Entrai in azienda e salutai i ragazzi che stavano entrando in laboratorio, poi raggiunsi il mio ufficio. Arrivò dopo pochi minuti il mio capo e cominciammo a sistemare insieme le ordinazioni della settimana.
Lui aveva cinquantacinque anni, non si poteva dire che fosse un bell’uomo ma aveva il fascino dell’imprenditore. Avevo conosciuto sua moglie Rosanna a una cena aziendale, era una classica donna meridionale leggermente sovrappeso. Si era rivelata simpatica ma avevo sempre sospettato che comunque lui avesse altre donne. Era piuttosto conosciuto come un Don Giovanni nonostante l’aspetto non certo accattivante. Non amava vestire elegantemente neanche quando aveva qualche appuntamento importante, nonostante non gli mancassero certo i soldi. Mi trovavo piuttosto bene con lui, non era mai invadente nel mio lavoro e manifestava sempre grande stima di me. Non si era mai permesso di essere troppo intimo con me, nemmeno nel fare le classiche battutine ammiccanti. In azienda era un gran lavoratore. La mattinata passò piuttosto velocemente grazie all’impegno profuso nel lavoro. In pausa pranzo scesi in mensa non essendomi portata niente da mangiare e feci un po’ di conversazione con qualche collega. Quando sul mio telefonino arrivò un messaggio di Denny.
“Ciao, buongiorno Meraviglia”
“Buongiorno anche a te, sono in mensa”
“Hai indosso le scarpe da ginnastica?”
“Si, ma perché mi hai chiesto di indossarle?”
“Dopo lo capirai”
Il suo essere così misterioso mi turbava e mi affascinava allo stesso tempo.
“Quando?” gli risposi tentando di farlo uscire allo scoperto.
“Quando sarà il momento. A che ora esci dal lavoro?” mi disse con la solita faccina sorridente.
“Alle 17… perché?”
Non arrivò nessuna risposta e la cosa cominciò a incuriosirmi oltre misura. Riposi il cellulare nella tasca dei pantaloni e continuai la mia conversazione. Venne l’ora di risalire in ufficio e mi sedetti alla scrivania. Guardai i miei piedi chiusi in quelle scarpe e continuavo a chiedermi cosa diavolo avesse in mente. Anche il pomeriggio scorse via piuttosto velocemente e di Denny nessuna traccia. Finchè, circa quindici minuti prima delle 17 ricevetti un suo messaggio.
“Quando esci dall’ufficio raggiungi a piedi i giardini di Via del Tagliamento, non distanti da dove lavori tu. C’è una cosa per te.”
Le sue parole mi sconvolsero. Cosa voleva fare stavolta? Come conosceva quei giardini vicini al mio luogo di lavoro? Gli avevo nominato l’azienda per cui lavoravo per cui sicuramente aveva fatto delle ricerca su internet. Passai gli ultimi minuti in ufficio con la testa totalmente altrove.
Quando uscii mi guardai attorno. Avrei dovuto prendere la strada opposta per raggiungere la fermata dell’autobus. Sperai che nessuno mi vedesse. Mi incamminai a piedi verso i giardini continuando a guardami intorno. Mi spaventava e nello stesso tempo mi eccitava quella situazione di pericolo. Faceva ancora molto caldo nonostante fosse ormai pomeriggio inoltrato. Camminai per circa 300 metri quando giunsi in prossimità dei giardini. Li vedevo davantia me. Presi il telefono.
“Cosa hai in mente?” gli scrissi senza confessargli che avevo già raggiunto il posto indicato.
“Raggiungi l’ingresso laterale” mi scrisse senza darmi spiegazioni.
Feci come mi diceva. Quando arrivai davanti a un piccolo ingresso che dava appunto lateralmente sui giardini, mi sentii chiamare da uno voce flebile. Mi voltai di scatto e dentro una grossa macchina nera con il finestrino abbassato c’era lui che mi guardava da dietro i suoi occhiali da sole. Mi venne un colpo. Mi avvicinai al finestrino dell’auto.
“Ma sei pazzo? Cosa ci fai qui?”
“E’ un posto tranquillo, ho già controllato. Qui passa pochissima gente. Ma se non hai piacere di vedermi me ne vado” mi disse in maniera provocatoria e come sempre sicuro di sè.
“Non ho detto questo, mi fa piacere vederti ma tu sei pazzo a fare queste cose!”
“Sali in macchina” tornò ad ordinarmi.
Mi guardai ancora una volta intorno, girai intorno all’auto ed entrai.
“Come ti è venuto in mente di farmi una sorpresa del genere? E’ rischioso!”
“E la cosa non ti eccita?”
“Sei pazzo e scemo” gli risposi voltandomi dalla parte del finestrino. Non mi aspettavo minimamente che lui fosse venuto fin lì, ma dentro di me ero anche terribilmente felice. Volevo solo reggere la mia parte.
“E perchè questa storia delle scarpe da ginnastica?” gli domandai voltandomi e guardandolo minacciosa.
“Non ti avevo ancora vista sportiva…”
“Solo per questo motivo?”
Mise in moto la macchina e partì lentamente.
“Dove stiamo andando?”
“Solo qui in fondo alla strada”
“Denny io non…” non mi lasciò finire la frase che mi disse.
“Hai camminato per un bel po’ per arrivare fin qui. I tuoi piedi saranno stanchi adesso. Hai bisogno di un massaggio”
A dire il vero i miei piedi non erano solo stanchi ma dovevano essere anche parecchio sudati. Cominciavo a intuire le sue intenzioni. Era così che li voleva.
“Denny non mi sembra il caso…” lasciai la frase in sospeso percéè capisse cosa intendevo pur sapendo che era esattamente quello che cercava.
Fermò l’auto in una stradina in mezzo agli alberi.
“Passa dietro” mi ordinò sorridendomi e togliendosi gli occhiali.
“Denny sei pazzo, siamo in mezzo a una strada in pieno giorno”
“Questa auto ha i finestrini oscurati, noi vediamo fuori, ma da fuori non vedono noi”
Scuotendo la testa come rassegnata alla sua follia e come se la cosa non eccitasse in fondo anche me passai nei sedili posteriori della sua auto che risultò essere anche molto spaziosa. Lui chiuse le portiere e mi seguì dietro.
“Mi sei mancata” mi disse prendendo il mio viso fra le sue mani.
“Anche tu, pazzo..” gli risposi mentre avvicinava la sua bocca alla mia.
Il suo profumo era inebriante. Mi arrivava dritto al cervello e di riflesso fra le gambe. Le sue labbra si poggiarono alle mie e mi lasciai prendere dalla sua bocca. La sua lingua si muoveva dolcemente insieme alla mia e il mio corpo cominciava a dare segni di irrequietezza. Staccò la sua bocca dandomi un piccolo morso al labbro inferiore e io rimasi con la mia socchiusa in attesa della sua prossima mossa.
“Appoggiati pure alla portiera e metti le tue gambe sulle mie” mi ordinò con la sua voce maschia.
Feci come aveva suggerito, sollevai le gambe e le appoggiai sulle sue cercando una posizione rilassante e stando attenta a non sporcare i suoi pantaloni chiari con le mie scarpe di tela bianca. Cominciò ad acarezzarmi il dorso della scarpa, entrando con la mano sotto i pantaloni per raggiungere la mia caviglia e poi il mio polpaccio. Mi guardava dritta negli occhi. Il suo sguardo riusciva a penetrarmi ogni cellula del corpo. Afferrò i lacci della mia scarpa sinistra e li slacciò. Ebbi un senso di vergogna nel fargli vedere i miei piedi in quelle condizioni e lo fermai.
“No Denny, oggi è meglio di no per favore….”
La sua risposta fu un nuovo sorriso. Afferrò la mia scarpa dalla suola e lentamente la sfilò dal mio piede. Mi voltai fuggendo il suo sguardo.
“Denny…”
“Adoro ogni cosa di te Claudia. Ogni tuo odore… guardami…”
Mi voltai nuovamente verso di lui. Aveva portato la mia scarpa sul suo viso e la stava spudoratamente annusando. La cosa, incredibilmente, mi eccitò, ma cercai di mantenere ancora un contegno.
“Si sente forte?” gli domandai quasi vergognandomi, io che ero sempre stata una amante della massima pulizia.
“Si sente l’odore inebriante dei tuoi piedi sudati”
“Ci credo… ce l’ho ai piedi da questa mattina e mi ci hai fatto pure camminare fino a qui…” cercai quasi di giustificarmi pur sapendo che era esattamente il risultato che aveva voluto ottenere.
Appoggiò la scarpa sul tappetino dell’auto e prese fra le mani il mio piede ancora infilato nel calzino. Lo guardavo cercando di immaginare la sua prossima mossa e non mi stupì quando lo avvicinò al viso e cominciò ad annusarlo. Chiusi gli occhi e lo lasciai fare. Se erano i miei odori che lo eccitavano così tanto che ne godesse. Cominciava ad essere un gioco perverso, mai avrei immaginato che un uomo desiderasse annusare i miei piedi e tanto meno sudati.
Fino a qualche tempo fa mi sarei vergognata di fare una cosa del genere perfino con mio marito. Ma con lui stava diventando tutto diverso. Stavo superando i miei limiti e i miei tabù e cominciando a sperimentare un mondo nuovo. Che mi eccitava e da questa consapevolezza non potevo prescindere.
Ricominciai a guardarlo mentre annusava tutto il mio piede nel calzino. Poi lo vidi infilare un dito nell’elastico e cominciare a farlo scendere lungo il tallone. Man mano che scopriva il piede lo annusava. Sfilò infine il calzino dalle mie dita e tenendomi il piede sollevato con una mano con l’altra annusava il calzino. Tutto senza mai distogliere lo sguardo dal mio.
Spiava ogni mia reazione. Aspettava probabilmente un cenno di consenso verso quello che mi stava facendo. Che arrivò quando istintivamente mi morsi il labbro inferiore come ero solita fare quando una situazione mi eccitava particolarmente. Lui se ne accorse e lasciando cadere il calzino sul sedile cominciò a prendersi cura del mio piede. Tra le sue mani adesso riuscivo a percepire quanto fosse sudato. Avvicinò la mia pianta al suo viso e scorrendo il naso fino alle dita mi passava la punta della lingua dal tallone fino a sotto le dita, cercando evidentemente i punti più sudati del mio piede.
Che fosse un porco ormai lo avevo capito, ma ogni volta mi faceva sperimentare qualcosa di completamente nuovo per me. Sentivo adesso la sua lingua passarmi in mezzo alle dita, mi chiedevo che sapori e che odori stavano arrivando in questo momento al suo cervello per eccitarlo così vista la cura con cui era attento a non tralasciare un solo millimetro del mio piede.
“Ti piace?” mi chiese fissandomi.
“Si.. mi piace..” dovetti confessargli.
“Ti vergogni che sono sudati?”
“Prima si… adesso no… se ti piace…”
“Mi fanno impazzire i tuoi odori.. mi fanno impazzire i tuoi piedi.. anche bagnati di sudore…” la sua confessione diretta mi fece eccitare ancora di più.
Era capace di godersi il mio corpo senza inibizioni di sorta e il mio corpo era capace di godere con lui di ogni nuova sensazione che riusciva a trasmettermi. Mi sentivo sempre più nelle sue mani, stavo cominciando a considerare il fatto che sarei probabilmente stata capace di fare qualunque cosa per lui, di esaudire qualsiasi sua richiesta per quanto perversa potesse essere. E questo pensiero dal cervello finiva direttamente nelle mie mutandine sotto forma di eccitazione allo stato puro. Ero come al solito completamente fradicia.
In quel momento avrei voluto spogliarmi completamente e rimanere tutta nuda davanti a lui, spalancargli le gambe davanti e fargli vedere come mi aveva ridotta ancora una volta. Mi faceva impazzire il suo modo di fare. Un uomo comune con una donna ben disposta come ero io adesso ne avrebbe approfittato subito per spogliarmi e scoparmi senza ritegno. Senza fantasia. O se lo sarebbe già tirato fuori per farselo succhiare. Lui no. Lui era capace di dare un senso ad ogni istante di un rapporto. Senza volgarità ma con una carica di sensualità oltre ogni limite. Godeva e mi faceva godere di ogni attimo della nostra intimità.
Posò il mio piede nudo delicatamente sulla sua gamba e prendendomi per le mani mi sollevò verso di se. Le nostre labbra si trovarono di nuovo vicine e questa volta fui io a prendere l’iniziativa appoggiando le mie alle sue e cercando la sua lingua con la mia. Mi baciò in una maniera dolce e sconvolgente. Potevo sentire le punte dei miei capezzoli dure contro il reggiseno. Mentre mi baciava mi prese l’altro piede e mi slegò l’altra scarpa, per poi sfilarla ancora una volta dal mio piede. Staccò poi la sua bocca dalla mia e avvicinò la scarpa al mio viso.
“Annusala” mi ordinò.
Ebbi un momento di titubanza, forse non ero pronta a una richiesta del genere. Ma l’eccitazione che aveva pervaso ogni cellula del mio corpo ebbe il sopravvento, togliendomi ogni tipo di inibizione. Avvicinai il naso all’interno della scarpa che lui teneva rivolto verso di me e annusai dove fino a poco prima c’era il mio piede. Sentii un odore forte di sudore che mia arrivò al cervello dove venne rielaborato e trasformato chimicamente in nuova eccitazione. Non lo percepivo più come un odore sgradevole ma come un forte odore di sesso. Perché in quel momento per me era soltanto quello.
“Cosa provi?” mi chiese
“E’ una sensazione strana, non ho mai fatto una cosa del genere…”
Appoggiò la scarpa vicino all’altra e mi sfilò il calzino. Lo avvicinò al mio viso e di nuovo mi ordinò di annusare. Questa volta l’odore era ancora più forte, il calzino era palesemente intriso del sudore dei miei piedi.
“E adesso che odore senti?” mi chiese ancora
“Odore forte dei miei piedi Denny…”
“Quanto forte?” mi chiese ancora
“Molto….forte…” gli risposi quasi ubriaca di quell’odore comunque così intimo.
“Che effetto ti ha fatto quando ti ho leccato il piede sudato?”
“Un effetto strano.. comunque piacevole…”
Lasciò cadere il calzino sul seggiolino di fianco a me e prese in mano il mio piede appena denudato. Lo annusò e per un istante chiuse gli occhi come inebriato da quel particolare odore. Poi si rivolse a me e spingendo il mio piede verso il mio viso mi diede il nuovo ordine.
“Annusa le tue dita adesso”
Lo avevo già fatto quel giorno in cui mi masturbai in ufficio, avevo trovato l’odore dei miei piedi in qualche modo eccitante, ma non lo avevo mai fatto con un odore cos’ forte. Accettai anche questa novità. Avvicinai il naso alle mie dita e il forte odore di sudore di nuovo mi arrivò al cervello. Chiusi gli occhi e in quel momento cercai di immaginare la dimensione del suo membro ancora chiuso nei pantaloni.
“Tira fuori la lingua e passala sulle tue dita” mi sussurrò accarezzandomi il viso.
Lentamente tirai fuori la lingua e appoggiai la punta sulle mie dita. Cominciai a leccarmi l’alluce e scesi fino alla pianta del piede. Adesso oltre all’odore percepivo il sapore salato del sudore sui miei piedi sulla mia lingua.
“Passala in mezzo alle tue dita”
Risalii con la lingua dal tallone lungo tutta la pianta e tornai all’alluce. Disegnai dei piccoli cerchi sulla punta dell’alluce con la punta della lingua e aprii la bocca per far entrare il mio dito come fosse un piccolo cazzo. Cominciai a succhiarlo sempre più avidamente, mi mandava fuori di testa farlo davanti a lui. Non aspettavo più i suoi ordini, adesso la mia lingua alternava i passaggi in mezzo alle dita fino a riprendere in bocca l’alluce e a spompinarlo. Nelle mutande avevo fatto un disastro, quasi temevo di bagnarmi i pantaloni e di lasciargli il segno sul sedile.
“Dammi la lingua” mi ordinò mentre la stavo passando in mezzo alle dita, tirando fuori la sua e aspettando il contatto con la mia.
Senza rimetterla in bocca la avvicinai alla sua regalandogli il contatto. Le punte delle nostre lingue cominciarono ad accarezzarsi fuori dalla bocca in un bacio perverso, mentre lui tornò ad appoggiare il mio piede sulla sua gamba a fianco dell’altro. Cominciò a baciarmi con una passione indescrivibile che mi distrasse dai suoi movimenti. Le nostre lingue facevano sesso nelle nostre bocche unite quando prese il mio piede e sollevandolo leggermente appoggiò le mie dita su qualcosa di caldo e pulsante.
Mentre mi baciava si era tirato fuori il membro che adesso poggiava nudo sulla sua coscia con il mio piede sopra. Con le dita percepii la dimensione incredibile della sua asta. Lasciò il mio piede sopra di lui. Era il mio turno. Feci scorrere le dita sull’asta fino ad arrivare alla sua grossa cappella che mi bagnò il piede. Gli passai la punta dell’alluce sul buco della cappella che evidentemente eccitata fece uscire dell’altro liquido. Ci passai sopra tutte le dita, era una sensazione meravigliosa percepire come me le bagnava.
Tornai con le dita a scorrere verso la base del suo membro finché il mio tallone arrivò a posizionarsi sul suo glande. Adesso avevo tutto il piede sopra il suo cazzo e questo mi diede la misura della dimensione di quell’affare che aveva fra le gambe. Mi prese l’altro piede e lo avvicinò al suo sesso. Sapevo cosa desiderava adesso. Con le dita del piede sinistro gli sollevai l’asta e con l’altro piede la comincia a stringere nella morsa dei miei piedi. Cercando di tenerlo più stretto possibile fra le piante cominciai ad andare su e giù per masturbarlo.
Sentivo la sua carne indurirsi in una maniera incredibile e aumentare ancora di volume. Adesso il suo membro si ergeva dritto come una torre e sotto le mie dita sentivo ormai gonfie le sue vene. Sembravano scoppiare da quanto si erano gonfiate. Gli passai le dita sulla cappella e di nuovo uscì del liquido che mi bagnò i piedi. A questo punto prese il mio piede con la mano e di nuovo lo avvicinò al mio viso. Sapevo anche stavolta cosa voleva.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi e cercai sul mio piede dove fosse più bagnato. Tirai fuori la lingua e la passai delicatamente sotto alle mie dita dove erano più coperte del suo liquido. Sentii il sapore dolce di quel liquido uscito dalla sua cappella e con molta premura mi ripulii le dita. Quando staccavo la lingua un filo di quel liquido appiccicoso si formava tra la mia lingua e le dita. Prese il mio viso fra le mani e mi leccò la lingua. Ero completamente in estasi. Quel gesto mi mandò completamente fuori di testa. Spostai lo sguardo fra le sue gambe e vidi il suo enorme cazzo abbandonato sulla sua coscia. Allontanai il suo viso da me e mi buttai letteralmente sul suo membro.
Lo afferrai con una mano e lo sollevai. Era pesante e così largo che sembrava quasi di stringere in mano una lattina di carne. Cominciai a masturbarlo lentamente e lui distese la sua testa sullo schienale del sedile lasciandomi adesso piena libertà di azione. Adesso toccava a me fargli vedere quanto sapevo essere femmina. Ero io ad avere in mano il suo oggetto del piacere. E volevo esserne padrona. Del suo membro. Del suo piacere.
Con una mano accarezzavo la sua coscia muscolosa, con l’altra tenevo ben stretto il suo cazzo. Adesso potevo vederlo bene rispetto all’ultima volta nella cabina, nella penombra. La pelle della sua asta era decisamente scura, quasi nera, mentre la cappella più chiara. Il suo essere per metà brasiliano aveva decisamente inciso sul colore abbronzato della sua pelle e di conseguenza sul fatto che avesse il cazzo nero. Era incredibilmente fatto bene. La punta era lucida, bagnata, vigorosa su quel promontorio. Era il doppio di quella di mio marito, senza esagerare. L’asta si stava allungando per effetto della mia manipolazione e le vene sotto il palmo della mia mano erano gonfie e pulsavano. Con l’altra mano raggiunsi i suoi testicoli adagiati sul sedile dell’auto.
Li presi in mano e mi accorsi di quanto fossero grandi pure loro. Cominciai ad accarezzarglieli mentre con l’altra mano cominciai a masturbarlo più velocemente. Aveva gli occhi chiusi, la testa rivolta indietro e cominciava ad ansimare. Ero orgogliosa di essere io in quel momento a dargli piacere. Era mio. Portai anche l’altra mano sulla sua asta e cominciai a masturbarlo tenendoglielo con due mani. Questo mi dava ancora di più la sensazione della grandezza di quel cazzo. Nonostante lo stringessi con entrambe le mani ne rimaneva fuori ancora tantissimo. Lui cominciò a godere. Glielo stringevo forte e ogni volta che le mie mani arrivavano alla sua punta usciva del liquido caldo che mi scendeva lungo le dita. Doveva essere terribilmente pieno anche stavolta.
Avvicinai il mio viso al suo palo di carne e appoggiai la punta della mia lingua sul buco della cappella dandogli dei colpetti che lo facevano sobbalzare.
“Oh Claudia…” continuava a ripetere.
Sentirmi chiamare per nome in quel momento che avevo il suo cazzo in mano mi eccitava da pazzi. Gli passai la lingua su tutta quella grossa cappella continuando a fargli una sega a due mani. Poi appoggiai le labbra sul suo uccello e cominciai a spingermi la sua cappella in bocca, sforzandomi di spalancarla più possibile per accoglierla. Aveva un gusto buonissimo. Cominciai a succhiargliela dolcemente, eccitata dai suoi mugolii di godimento. Era dura come il marmo, cercavo di immaginare la sensazione che avrei provato nel sentirla penetrarmi fra le gambe e la mia fica cominciò a pulsare.
Cercai di fare entrare il suo uccello il più possibile nella mia bocca spingendomelo lentamente fino in gola. Avevo la bocca terribilmente spalancata per poterlo accogliere e la mascella cominciava a farmi male per il disumano sforzo. Me la riempiva totalmente e provavo una sensazione di soffocamento che mi costrinse a farlo uscire. La mia bocca rimase attaccata alla sua cappella da una serie di umori filamentosi provocati dal tanto liquido che gli usciva dalla punta. Mi ripulii la bocca con la mano e mi fermai ad ammirare ancora l’enorme uccello di Denny che tenevo stretto in mano.
“Come fai ad avere il cazzo così enorme Denny?” quello che pensavo fosse solo un pensiero diventarono parole, mi stupii di avergli davvero fatto quella domanda e me ne vergognai. Non ero solita parlare in questo modo.
“Sei tu che me lo fai diventare così” mi rispose chiaramente mentendo e prendendomi per i fianchi. Le sue mani sul mio corpo mi provocarono i brividi. Ero in ginocchio sul sedile a fianco a lui, che si sollevò dalla posizione rilassata che aveva assunto per godersi il mio pompino e mi sollevò il busto costringendomi ad abbandonare la presa del suo cazzo.
Mi sganciò la cintura dei pantaloni e poi me li sbottonò. Me li prese dai fianchi e me li abbassò fino alle ginocchia lasciandomi in mutande. Quando abbassai lo sguardo fra le mie gambe non potevo credere ai miei occhi. Le mie mutande erano vergognosamente fradice e provai un senso di vergogna nel mostrarmi così a lui. Sembravo una verginella alle prime armi, del resto le sensazioni che stavo provando con Denny erano state fino ad allora a me sconosciute.
Mi passò due dita sopra le mutandine dove sotto pulsavano le mie labbra che erano ben visibili dal tessuto bagnato. Mi aggrappai con le mani al suo braccio per sorreggermi da quella sensazione incredibile che stavo provando. Il movimento delle sue dita sulle mie mutandine faceva riecheggiare nell’abitacolo il rumore forte del liquido che usciva dalla mia fica. Sentire in che stato ero mi mandò fuori di testa.
Poi mi appoggiò entrambe le mani sulle cosce e cominciò ad accarezzarmele, per poi afferrarmi per le natiche. Cominciò a palpeggiarmi il culo nudo dal perizoma. Le sue mani possenti sulle mie chiappe mi facevano sentire completamente sua. Infilò un dito in mezzo al mio sedere passandolo lentamente sul filo del perizoma, quando arrivò in prossimità del mio buco del culo spinse leggermente il dito e d’istinto mi spostai costringendolo ad abbandonare quella che poteva essere una sua idea troppo ardita e ambiziosa.
Forse per punirmi di quel rifiuto afferrò l’elastico delle mie mutandine e con un gesto rapido e quasi violento me le tirò giù con forza. La mia fica adesso nuda e spalancata si mostrava al suo sguardo voglioso. Mi appoggiò una mano all’interno della coscia e cominciò molto lentamente a salire. Chinai la testa all’indietro come pronta a svenire quando avrebbe, fra pochi istanti, raggiunto le mie labbra. Sentii il suo dito medio avvicinarsi inesorabilmente e lanciai un urlo quando lo sentii conficcarsi con forza inaudita dentro la mia fica.
“Che fai??” lo ammonii per la penetrazione violenta che mi aveva costretta a subire.
Senza darmi risposta invece di sfilare il dito che mi aveva infilato fino in fondo mi penetrò con un altro dito con la stessa violenza precedente. Questa volta, però, invece di sentire fastidio per la violenta penetrazione provai un piacere enorme. Adesso aveva due dita conficcate nel mio corpo e cercava di spingerle sempre più in profondità.
Cominciai a gemere perché sentii un grande calore in tutto il corpo. Mi voltai e vidi il suo cazzone ancora duro appoggiato sulla sua pancia. Allungai il braccio e glielo afferrai con la stessa violenza con la quale lui mi aveva penetrata poco prima. Cominciai a stringerlo più forte che potevo con la mano e iniziai a segarlo. Lui tirò fuori le dita e con le stesse mi spalancò le labbra in maniera oscena e mi infilò la lingua dentro la fica. Per un attimo barcollai e lanciai un altro grido di godimento. Per risposta aumentai il ritmo con cui gli masturbavo l’uccello che in pochi secondi divenne duro come la pietra.
Uscì la lingua dalla mia fica e cominciò a prendersi cura del mio clito. Ce lo avevo come sempre duro e totalmente esposto e quando cominciò a lavorarlo con la punta della lingua cominciai a gemere come una cagnetta in calore. Senza mai staccare la lingua dal mio clito mi infilò nuovamente due dita dentro la fica e cominciò a scoparmi con forza tanto che dovetti lasciare ancora il suo cazzo per godermi quello che mi stava facendo. Presi con le mani la sua testa e cominciai a guidarlo nei movimenti. Sebbene la posizione non fosse molto agevole riusciva con le dita a penetrarmi molto a fondo. L’eccitazione arrivò alle stelle. Non capivo più nulla. Lo presi per i capelli e gli spinsi la testa contro la mia fica.
“Denny succhiami forte il clito ti prego!”
Prese il mio clito in bocca e cominciò a spompinarmelo mentre le sue dita mi scopavano selvaggiamente. Bastarono pochi secondi perchè cominciassi a urlare per il mio orgasmo che sopraggiungeva. Gli staccai la testa dalla mia fica appena in tempo perchè dalle mie labbra partirono due-tre-quattro schizzi violentissimi che lo raggiunsero in pieno viso. Rimasi ancora una volta sconvolta da quel tipo di orgasmo. Non avevo mai schizzato dalla fica come mi capitava da qualche settimana a questa parte. Il mio corpo tremava davanti a lui che appoggiò il viso sul seggiolino e mi accorsi di quanto glielo avevo bagnato con i miei schizzi.
“Sei pazzesca Claudia, godi sempre così?”
“Denny…la verità è che… io non ho mai goduto così..” gli confessai gettandomi fra le sue braccia. Lui mi accarezzò e mi baciò la testa.
“Vuoi dire che non eri mai riuscita a squirtare?”
“Squirt..che???” gli chiesi rialzando la testa.
“Squirtare Claudia. E’ una eiaculazione femminile che si manifesta appunto con degli schizzi piuttosto violenti, come quelli che fai tu”
“No Denny, non mi era mai capitata questa cosa. Mi è successo solo con te di venire .. in questo modo .. e a dirti la verità un po’ mi fa vergognare..”
“Non devi, è una cosa normalissima e comune a molte donne”
“Ma schizzo come un uomo!” gli dissi scoppiando a ridere.
“Mi eccita vederti schizzare così per me Claudia…” mi disse col suo sguardo meraviglioso. Mi ricordai a quel punto del suo membro abbandonato a se stesso e decisi che avrebbe dovuto godere anche lui.
Gli diedi un bacio sulla bocca ancora umida del mio liquido e mi buttai fra le sue gambe. Ripresi nuovamente il suo cazzo con due mani e cominciai a masturbarlo. Lo sentivo indurirsi fra le mie mani e in breve tempo raggiunse nuovamente la sua dimensione pazzesca. Mi chinai su di lui e con la lingua cominciai a leccargli quell’asta infinita per poi soffermarmi sulla cappella tornata lucida e gonfia. Avevo ancora le mutande abbassate e sentivo ancora scorrere i miei umori fuori dalle labbra ancora aperte. Quel cazzo mi mandava fuori di testa in una maniera inverosimile. Non avrei mai immaginato di desiderare così tanto un uccello di tali dimensioni.
Cominciai a sentirlo pulsare sempre più forte, doveva essere vicino anche lui all’orgasmo. Lo sentivo godere e questo mi confermava che era vicino a esplodere. Mi ricordai dell’incredibile sborrata che mi fece sui piedi nella cabina in spiaggia e cominciai a temere che avremmo fatto un casino nella sua auto se lo avessi fatto schizzare liberamente. Sapevo di avere una unica soluzione per ovviare a questo problema. Dovevo farmi sborrare in bocca e questo mi preoccupava per la quantità di sperma che era in grado di produrre.
Non sarà la fine del mondo, pensai. Spalancai la bocca e accolsi la sua cappella. Cominciai a menarglielo forte con le mani e a pompare la sua grossa punta. I suoi gemiti si fecero più intensi e poco dopo i suoi lamenti di piacere anticiparono il suo orgasmo che fu per me scioccante. Riuscii perfino a percepire il flusso del suo sperma passare lungo l’asta dalle mie mani e un istante più tardi uno schizzo potentissimo mi inondò la bocca finendomi in gola quasi soffocandomi, al quale seguirono altri potenti schizzi che mi riempirono del suo sperma bollente.
Cercai di ingoiarne quanto più potevo per non rischiare che mi uscisse dai lati della bocca facendo una figuraccia. Era molto densa e molto dolce di sapore. Solo che non riuscivo ad ingoiarne abbastanza da svuotarmi la bocca e quindi fui costretta a far uscire la cappella. Avevo ancora la bocca piena e cercai più velocemente possibile di ingoiarla tutta prima che diventasse imbarazzante che mi vedesse con le guance gonfie della sua sborra.
Sfortunatamente il suo cazzo non aveva ancora portato a compimento la sua venuta e un ultimo schizzo partì dalla sua cappella ancora gonfia e finì direttamente sulla mia camicetta rossa lasciandomi un evidente rigolo di sperma. Ingoiai in un colpo la sborra che ancora avevo in bocca e dissi “Oh no cazzo!” guardandomi la camicetta inondata. Lui si risvegliò dal suo stato di estasi e guardò la mia camicetta dispiaciuto.
“Cavolo mi dispiace Claudia…”
“Non è colpa tua, è il tuo cazzo che è irrefrenabile” lo tranquillizzai sorridendo.
“Lo so vengo tanto…”
“Vieni tanto? Dopo tutto quello che ho ingoiato poco fa sarei a posto con le calorie per un mese” e scoppiammo a ridere.
“Dici?”
“Fai un po’ te, Denny. Non ho mai ingoiato tanto sperma in una sola volta. Non hai solo un cazzo sovrumano, fai anche sborrate sovrumane” e ridemmo ancora.
Poi cercai i fazzolettini di carta nella mia borsa e cercai di ripulire la mia camicetta meglio possibile.
Guardai il suo cazzo rilassato fra le sue gambe, era davvero sconvolgente come fosse comunque ancora così grosso. Mi abbassai e gli diedi un bacio sulla cappella. Lo sentivo così mio il suo uccello. Denny prese il mio viso e mi baciò.
“Vorresti provare a fare l’amore con me?”
Mi aspettavo prima o poi questa richiesta, era ovvia.
“Non lo so Denny, non credo di essere pronta. E’ la prima volta che tradisco mio marito”.
Quando pensai a Paolo mi venne in mente che il tempo stava trascorrendo senza che me ne accorgessi. Guardai l’ ora, era incredibilmente tardi.
“Cazzo è tardissimo, devo tornare a casa!” dissi tirandomi su le mutande e poi i pantaloni.
“Ti riaccompagno io” mi propose mentre cercava di risistemare a fatica il suo membro nelle mutande.
“Se prendo l’autobus rischio davvero di fare tardi”
“E poi non vorrai prendere l’autobus con quella macchia sulla camicetta” mi disse ridendo.
“Scemo, che ne sa la gente che è sborra!”
“Ti porto io, poche storie. Ti lascerò vicino a casa senza che ti vedano”
“Va bene”
Ripartimmo velocemente e in breve tempo raggiungemmo la zona dove abitavo. Durante il tragitto parlammo molto di vari argomenti diversi. Dovetti riconoscere che Denny era oltretutto un ragazzo molto acculturato ed intelligente. Era fin troppo perfetto. Avevo una incredibile paura di potermi innamorare di lui. Sarebbe stato un vero casino. Mi feci lasciare in una strada adiacente a quella dove abitavo, cercando di stare attenta che nessuno mi vedesse scendere dalla sua auto. Lo salutai e mi incamminai verso casa cercando istintivamente di coprirmi la macchia, ancora ben visibile, sulla camicetta.