La mattina in ufficio passava lenta, tutte quelle emozioni vissute nel fine settimana rimbombavano come cannonate nella mia testa. Ero cambiata, improvvisamente. O forse ero sempre stata così e non avevo mai avuto l’occasione per dimostrarlo a me stessa. Avevo vissuto il sesso come una moglie, ma senza avere mai avuto occasioni per sperimentare cose nuove. Provai una certa malinconia per aver scoperto tutto questo così tardi. Per un solo, unico istante, invidiai mia figlia.
Poi pensai “ma che diavolo, ho quarantacinque anni mica ottanta!”. Avevo ancora tutto il tempo per scoprire chi veramente fossi, sebbene le mie radici fossero ancora così profondamente affondate nel terreno del mio passato. Un passato che risaliva addirittura a una settimana prima.
Andai su internet e provai a cercare quel “coso” che mia figlia aveva in borsa. Non sapevo nemmeno come cavolo potesse chiamarsi. Conoscevo solo l’esistenza del termine vibratore, ma quello tutto faceva fuori che vibrare. Provai digitando giocattoli sessuali. E cliccai su immagini. Un paio di manette, di quelle almeno avevo sentito parlare. Palline collegate con un filo. Mah. Strani aggeggi di gomma dalle forme più strambe che avrei avuto difficoltà anche a indovinare dove si potessero infilare. Più scorrevo le pagine e più mi domandavo dove potesse arrivare la fantasia sessuale. Provai con il semplice termine vibratore. Uscirono centinaia di immagini di cazzi in gomma di tutti i colori e di tutte le misure. I più gettonati sembravano essere quelli neri. Ed erano ovviamente spaventosi. Ma c’erano anche quelli verdi dei marziani. Mi scappò una risata. Qualcuno era veramente enorme, a livelli di un braccio o forse più. Mi domandavo in quali caverne oscure potessero infilarsi tali mostruosità. Lunghi in maniera spropositata o larghi come una lattina. Se li fabbricavano evidentemente esisteva qualcuno che riusciva nell’impresa di subire tale invasione aliena. Va bene godere, ma da lì a essere letteralmente impalate ce ne correva, almeno per quanto mi riguardava.
Provai ad aggiungere la parola anale al mio termine di ricerca aspettandomi di vedere aggeggi più “normali”. Povera illusa. Le dimensioni di quelli anali erano al pari di quelli vaginali. Mi chiedevo come si riducessero con quegli attrezzi perché non immaginavo che qualcuno potesse arrivare a tali livelli di dilatazione anale. Potevo capire davanti, in fondo da dove può passare la testa di un neonato, immaginavo potessero passare anche quegli affari. D’altronde gli uomini di colore sapevo avere membri fuori da ogni logica di normalità e con qualcuno dovevano pur far sesso.
Finalmente trovai qualcosa di simile a quello che stavo cercando. Scoprii che si chiamavano plug anali. Che fortuna, avevo imparato una cosa nuova. E scoppiai ancora a ridere pensando a quanto fossi scema. Con il giusto termine di ricerca, a questo punto, le immagini che apparirono erano tutte inerenti a ciò che volevo. Anche in questo caso, da sbizzarrirsi con la fantasia. Trovai anche quello che aveva in borsa mia figlia. Oltre ad altri modelli, tipo cunei, che arrivavano a dilatazioni molto più invasive. Mi domandai se avessi davvero desiderato di possedere anche io qualcosa del genere. La risposta che mi sarei data mi spaventava. Feci un’ultima ricerca sulle pagine gialle e poi tornai al mio lavoro.
La fermata a cui scesi quel pomeriggio non fu quella di sempre. Percorsi circa duecento metri a piedi quando riconobbi l’insegna. Piuttosto anonima, ma chiara. Davvero sarei entrata li dentro? Mi guardai intorno per scrutare i passanti e pensai mentalmente a qualche buona scusa nel caso qualcuno mi avesse vista. Pensai diverse volte di rinunciare. E ogni volta feci qualche passo per tornare a casa, ma ogni volta qualcosa mi fermava. Mi sarei pentita in ogni caso?
Il corridoio all’ingresso era abbastanza anonimo, senza vetrine. Finalmente una porta si spalancò verso quel nuovo mondo a me sconosciuto. Mi fermai a guardarmi attorno e rimasi sconcertata di quante cose esistessero. Più di quelle che avrei potuto immaginare. Una vetrina piena di dvd porno, altre con accessori strani tipo fruste, manette e corredi vari. Scatole che dovevano contenere bambole gonfiabili. Di quelle conoscevo ovviamente l’esistenza e mi ero sempre chiesta cosa ci trovassero di tanto eccitante gli uomini a scoparsi tali mostruosità derivate dal petrolio. O dal qualcosa del genere insomma.
Camminai lentamente fra le vetrine e mi soffermai davanti a una contenente dei membri in gomma abnormi. Dal vivo facevano ancora più impressione che dalle foto su internet. Ce n’era uno nero che sembrava reale tanto era fatto bene. Aveva perfino i testicoli e tutte le vene gonfie. La punta era enorme come del resto tutta l’asta. Non credo che sarei riuscita a infilare in bocca nemmeno quella cappella di gomma. E pensai che superassero di gran lunga anche la realtà. Chi poteva mai viaggiare con un arnese del genere nelle mutande? Quella era un’arma.
Immersa nei miei pensieri feci un sobbalzo quando una voce dietro di me mi sussurrava “Posso aiutarla?” cercando di essere perfino discreto. Mi voltai e un ragazzo sulla trentina mi sorrideva forse rendendosi conto che non fossi una cliente abituale di quei posti.
“Davo un’occhiata” risposi imbarazzata.
“Faccia pure, se ha bisogno sono al banco” mi liquidò tornando al suo posto, probabilmente per non spaventarmi.
Tornai a voltarmi verso la vetrina accanto e questa volta la mia attenzione cadde su un oggetto che conoscevo e che non mi sarei aspettata di trovare lì. Era chiaramente uno speculum, identico a quello che il mio ginecologo utilizzava per dilatarmi la vagina durante la visita. Quindi esistevano anche fantasie di questo tip! Più accanto ce n’era uno più piccolo, di quelli utilizzati evidentemente per le ispezioni anali, cosa che non avevo mai fatto. Poco sotto vidi una fila di oggetti di dimensioni più ridotte, immaginai che riguardassero tutti il sesso anale e mi avvicinai ad osservare.
Trovai lo stesso identico oggetto che utilizzava Cinzia. Feci un cenno discreto al commesso. Senza aggiungere nessun commento mi servì molto educatamente. Se non era il titolare era comunque ben addestrato a mantenere i clienti nella discrezione. Incartò la confezione in maniera anonima, pagai ovviamente in contanti per non lasciare traccia e, dopo averlo salutato, uscii dal negozio.
Appena rientrata in casa mi ricordai che da quel sabato non avevo più sentito Denny. La curiosità mi portò ad accendere il pc e infatti trovai alcuni suoi messaggi.
“E’ stato un regalo del cielo conoscerti, sei una donna splendida” mi aveva scritto subito dopo il nostro incontro.
“Spero tanto tu possa cambiare idea riguardo la tua decisione” fu il successivo della sera stessa.
I messaggi successivi risalivano al pomeriggio presente.
“Ho una sorpresa per te” fu il messaggio laconico che come al solito era riuscito ad incuriosirmi.
“Di cosa parli?” fu la risposta che digitai.
Passarono alcuni minuti prima che rispondesse. Nel frattempo misi il caffè sul fuoco.
“Vorrei regalarti un’ultima emozione.”
“Di che tipo? Ti ho già detto che ci sarebbe stato solo un incontro e che comunque non sarei andata oltre a quello che abbiamo fatto”
“Ho comprato per te un paio di calze a rete che vestirebbero divinamente i tuoi piedi. Credimi, può valere la pena un ultimo incontro.”
Come al solito, lo lasciai senza risposta e chiusi il pc.
Perchè mi aveva comprato le calze a rete? Dove voleva arrivare? La mia mente, però, fu a quel punto rapita dall’oggetto che custodivo ancora ben incartato nella mia borsa. Controllai che ore fossero. Avevo ancora sufficiente tranquillità. Scartai l’articolo e lo tirai fuori dalla plastica in cui era contenuto. Toccandolo ricordai la stessa sensazione provata il giorno precedente maneggiando quello di Cinzia. Di totale estraneità fra corpi di diversa specie.
Erano in effetti quattro palline di gomma di diverso diametro crescente, la prima ovviamente piuttosto piccola per cui pensai non ci volessero particolari “predisposizioni” per riuscire ad inserirle. Man mano che entravano avrebbero quindi fatto il loro “lavoro” di dilatazione. La base era sempre in gomma ma quadrata, per poterlo tenere con la mano e spingerlo, notai un foro nella base e cercai di indovinare che potesse servire ad infilarci un dito per agevolare la spinta. Mi venne a questo punto un dubbio. Sapevo, nonostante non avessi mai provato, che era cosa buona e giusta come preparazione ad un classico rapporto anale utilizzare un lubrificante o qualcosa del genere. Ecco cosa avevo scordato di comprare. E adesso? Immaginai che l’attrito che potesse fare la gomma con la mia pelle potesse diventare un deterrente al risultato finale.
Mi ricordai, però, che non mi pareva di aver visto niente di simile a un lubrificante nella borsa di Cinzia. Per cui lei lo utilizzava anche senza. Magari lei era già abituata, pensai ancora. Oppure utilizzava un metodo alternativo. Cominciai a lavorare di fantasia. Olio da cucina? Mi faceva senso l’idea. Sapone? Uhm, forse. Ricordai di avere una crema vaginale che avevo usato qualche mese prima per un temporaneo problema di secchezza dovuta, secondo il mio ginecologo, ad un momento di particolare stress o di cattiva alimentazione che infatti scomparve dopo pochissimi giorni. Ricordo che mi disse essere molto leggera e di non contenere farmaci. Pensai potesse essere adatta.
Poi c’era da decidere il posto. La posizione più adatta la avrei sperimentata sul momento. Per questo scelsi il luogo più classico: il letto. Mi sentivo emozionata come le ragazzine quando restano sole a casa e cominciano le prime auto-sperimentazioni sul proprio corpo. Presi la crema in bagno, controllai non fosse scaduta, diedi una lavata con acqua e sapone al giocattolino e tornai in camera.
Adagiai il vasetto sul letto e il dildo poco lontano. Mi spogliai completamente nuda, scoprendomi già eccitata. Mi sdraiai in posizione classica a gambe aperte e cominciai ad accarezzarmi il seno con una mano e il clitoride con l’altra, fantasticando con le immagini mentali. La trasgressione che stavo per sperimentare fisicamente, mi portò ovviamente a trasgredire anche mentalmente.
Paolo non fu il mio desiderio in quel momento. Volevo che il “ragazzino” assistesse virtualmente alla mia prima volta. Immaginai Denny entrare dalla porta e scoprirmi tutta nuda sul letto. Chissà come gli sarebbe piaciuto essere qui con me in questo momento. Lo vedevo scrutare tutto il mio corpo, dalla testa ai piedi, ammirarmi. Mi spostai con il corpo rivolta verso la porta dove immaginai ci fosse lui e spalancai le cosce sollevando i piedi in aria, come a regalargli al meglio la visione della mia fica e delle piante dei miei piedi ed incitarlo a farsi avanti.
Mi venne in mente la sua ultima richiesta in chat. Vedermi con le calze a rete. Adesso mi avrebbe vista. Mi alzai dal letto e presi dal cassetto le mie autoreggenti a rete. Le indossai e tornai nella precedente posizione. Di nuovo, mentalmente, esposta a lui. E adesso avrebbe visto le piante dei miei piedi e le mie dita attraverso la rete. Lo trovai in effetti molto provocante. Il mio clito era già totalmente fuori, nella sua massima espressione. Le labbra si erano come al solito spalancate e passandoci due dita nel mezzo mi resi conto di quanti umori stessi producendo. Immaginai Denny farsi avanti e prendersi ancora cura dei miei piedi con la sua abile lingua e a stento trattenni l’orgasmo. Era il momento giusto.
Presi il vasetto della crema e ne raccolsi una piccola quantità con le dita. Avvicinai le ginocchia sospese al mio viso in modo da agevolarmi l’accesso al sedere. Mi infilai le dita con la crema in mezzo alle chiappe, soffermandomi sul forellino. Cominciai a spalmare la crema tutta intorno al buco e cominciai lentamente a far entrare il dito dentro. Lo trovai piacevole ed eccitante anche perché immaginavo Denny assistere a quell’operazione da molto vicino. Doveva solo assistere, era una cosa solo mia.
Il mio dito entrava nell’ano abbastanza agevolmente, pensai di essere pronta. Presi il dildo e passai della crema anche su di lui, masturbandolo, come fosse un piccolo cazzo. Lo avvicinai al mio ingresso anale e appoggiai la prima pallina al mio buchino. Cercai di spingere ma il dildo, essendo tutto in gomma, tendeva a flettere rendendomi complicato anche solo il primo inserimento. Abbandonai per qualche istante la masturbazione clitoridea e provai con due mani. Capii che la difficoltà era quella di far entrare proprio la prima pallina per cui tenendo il dildo dalla base con una mano, con l’altra spinsi a forza la pallina nel mio sedere. Che stavolta entrò.
Era piuttosto piccola, per cui non provai niente di particolare, ma adesso almeno potevo procedere con la penetrazione più intensa. Ricominciai ad accarezzarmi il clito e a immaginare Denny sfilarmi adesso una calza. Contemporaneamente cominciai a puntare la seconda pallina contro il mio buco e anche questa entrò abbastanza agevolmente, dandomi però stavolta la sensazione di avermi forzata nell’entrare. Infilai il dito nel foro posto al centro della base in gomma e mi preparai alla prossima spinta. Dovevo ogni tanto fare una breve pausa nella masturbazione perchè ero già pronta a venire e avrei sciupato tutto.
Spostai allora la mano sul mio seno e cominciai a palparlo. Denny-virtuale mi aveva sfilato la calza e la stava annusando, tenendo il mio piede fra le mani e gli occhi puntati sul mio culo deflorato dal dildo. La terza pallina cominciò a premere sempre più forte contro l’anellino anale. Questa cominciava ad essere grossa, mi avrebbe aperta. Il mio anellino cominciò ad abbracciare la pallina in tutto il suo diametro e cedette, facendola entrare. Ebbi un sussulto. Questa penetrazione la sentii bene, avvertii la sensazione di avere adesso il buco tutto aperto. Mancava solo l’ultima, ancora più grossa.
Cominciai a muovere lentamente il dildo dentro di me, ripresi a masturbarmi il clito e di nuovo cominciai a spingere il dildo, ansiosa di accogliere la quarta e ultima pallina. Ovviamente quella più grossa di tutte. Nel frattempo il Denny-virtuale aveva iniziato a leccarmi voracemente i piedi che neanche mi ero lavata, alternando quello nudo a quello nella rete e godendosi lo “spettacolo in scena” nel mio culo con il cazzo, immaginavo, enorme nei pantaloni. L’ultima pallina cominciò a sforzare moltissimo il mio foro, che incitavo a cedere. A lasciarsi completamente penetrare.
Come un suddito provetto il mio anellino anale cominciò ad allargarsi, come una piccola bocca che si sforza di aprirsi per accogliere una gigantesca cappella. Il mio clito durissimo scorreva fra le dita della mia mano, le labbra della fica erano oscenamente spalancate, tanto che il mio ginecologo avrebbe quasi potuto vedere il mio utero senza speculum. L’ultima pallina mi scivolò tutta dentro il culo. Ebbi un gemito di godimento, avevo tutto il dildo piantato nel culo e mi piaceva da pazzi. Ecco cosa provava mia figlia, pensai quasi vergognandomi di quel paragone. Che strana e piacevole sensazione era sentire il mio culo spalancato e scopato da quell’oggetto.
Cominciai a far entrare e uscire l’ultima pallina dal mio culo e poi feci lo stesso con due. Ogni volta mi sforzava per entrare e godevo. Era la parte più eccitante, quello sforzare le pareti anali. Mi sfilai il dildo dal sedere e con le dita cercai di capire se il mio buco fosse rimasto aperto. Cambiai posizione, volevo provarlo a pecora. Adagiai il mio seno sul letto sollevando il mio culo il più possibile. Pensai che Denny sarebbe venuto nelle mutande vedendomi così. Ricominciai la penetrazione anale dalla prima pallina che stavolta entrò agevolmente. La seconda fece altrettanto. Le ultime due erano quelle che mi davano maggiori sensazioni.
Feci passare la mano libera sotto alla pancia e raggiunsi la mia fica. Che gocciolava. Con le dita mi spalancai ancora di più le labbra vaginali come a donare uno spettacolo da infarto a Denny. Che, leccandomi le piante dei piedi, non avrebbe potuto fare a meno di passarmi ogni tanto la lingua anche dentro la fica tutta aperta. Afferrai forte la base del dildo e ansiosa ricominciai a spingerlo nel mio culo. Questa volta più decisa. La terza e la quarta pallina entrarono quasi simultaneamente, spalancandomi di nuovo il culo e dandomi stavolta la chiara sensazione di venire inculata da un cazzo.
Ero pronta a esplodere. Feci uscire nuovamente le ultime due palline e mi preparai all’orgasmo. Afferrai il mio clito fra le dita e cominciai a torturalo con forza, immaginando la lingua di Denny che mi perlustrava le pareti vaginali. Spinsi con forza il dildo nel mio buco del culo ed esplosi in un nuovo travolgente orgasmo. Le gambe mi cedettero e caddi stremata sul letto.
Rimasi qualche secondo a fissare il vuoto ansimando.Quando mi ripresi mi accorsi di avere ancora il dildo infilato nel culo e lo sfilai provando ancora una strana, nuova, sensazione mai provata prima. Temetti di essermi persa il senso del tempo e mi alzai velocemente dal letto, spaventata che potesse tornare Paolo. Rimasi ancora sconvolta quando vidi le lenzuola. Anche stavolta il mio orgasmo era stato incredibilmente esplosivo, c’erano schizzi di umori dappertutto e una piccola pozza biancastra in prossimità della mia vagina.
Tolsi velocemente le lenzuola, mi sfilai la calza a rete rimasta indossata e la riposi insieme all’altra nel cassetto. Corsi poi in bagno a farmi una bella doccia. Portai il dildo con me, lo lavai accuratamente con acqua e sapone e, in attesa di trovare un posto sicuro dove nasconderlo, lo infilai nel mio beauty case. Era per il momento l’unico posto dove Paolo non avrebbe intrufolato il naso.
Aprii l’acqua e infilai sotto la doccia per togliermi quel forte odore di sesso che avevo sulla pelle. Toccai il mio forellino dietro e fu consolante trovarlo ben richiuso, senza alcun segnale della penetrazione subita. Ero soddisfatta, oltretutto, di essere riuscita a penetrarmi analmente con tanta semplicità, senza avvertire nessun dolore, ma anzi provocandomi tanto piacere inaspettato. Mi fece sorridere pensare a quanto fosse ironico che mia figlia avesse, senza saperlo, insegnato qualcosa a me sul sesso.
Finita la doccia, dopo essermi asciugata, indossai la tuta e andai in cucina per cominciare a preparare cena. Mi ricordai dell’ultimo messaggio di Denny, con il quale lo avevo lasciato. Mi aveva veramente comprato delle calze a rete per vedermele indossare? Aprii velocemente il computer e gli risposi.
“Va bene, che sia l’ultima volta però!!”
Richiusi il portatile dandomi della scema per esserci caduta un’altra volta. Veramente non ero riuscita a farne a meno neanche stavolta? Pensai al fatto che poco prima avevo virtualmente permesso a lui, invece che a mio marito, di assistere, senza neanche saperlo, alla mia prima masturbazione anale. E che la sua presenza “spirituale” era perfino stata co-protagonista del mio incredibile orgasmo. Cosa diavolo aveva quel ragazzo per provocare in maniera così forte la mia riscoperta fantasia sessuale?
A tavola Paolo cominciò un discorso tutto arzigogolato riguardo il suo lavoro e presto mi accorsi che annuivo senza nemmeno ascoltarlo più di tanto. Ero a pezzi, andai a letto presto, molto prima di lui.
I giorni successivi passarono senza che accadesse niente di particolare. Lo sfogo avuto nei giorni precedenti mi aveva in qualche maniera soddisfatta. Non ero neanche più entrata in chat, avevo anzi cominciato a pentirmi di quel secondo appuntamento concesso. Forse avevo avuto soltanto bisogno di una evasione temporanea. Ci fu anche del sesso con Paolo, fatto bene e soddisfacente. Non raccontai mai a Paolo di cosa avevo trovato nella borsetta di nostra figlia. Non avrebbe retto lo choc. E tantomeno gli raccontai ciò che di nuovo avevo sperimentato da sola sul mio corpo. Provavo stranamente vergogna a parlare con lui di questa cosa, oltretutto non sapevo come l’avrebbe presa.
Una moglie che improvvisamente da sfoggio di tali desideri privati poteva non essere accettabile da lui. Se poi avesse saputo che ero addirittura andata in un sexy shop per comprare quel giocattolo… Quindi non entrai mai nell’argomento e il sesso anale per lui rimase un tabù. In fondo non ero neanche sicura che volessi davvero provarlo. Un conto era essersi infilata un piccolo oggetto, un altro sarebbe stato farsi penetrare da qualcosa di molto più grosso.
Una mattina, al mio risveglio, mi ripromisi che quel pomeriggio avrei trovato una scusa per disdire con gentilezza l’appuntamento con Denny. Al rientro a casa aprii la chat e trovai un suo messaggio di risposta al mio ultimo, dove acconsentivo ad un ultimo incontro. Il messaggio diceva “Mi rendi felice di questa decisione. Ho pensato di proporti una cosa molto particolare. Sono certo che ti piacerà Claudia, perchè come da tuo desiderio non comporterà niente di fisico. Come ti ho detto ti ho comprato un paio di calze a rete molto belle. Ho anche prenotato una cabina al mare per tutto il pomeriggio di sabato.”
A questo punto del messaggio quasi saltai sulla seggiola, una cabina al mare?? Cosa voleva fare??? Mi tranquillizzò solo il fatto che parlava di nessun contatto fisico e continuai la lettura del lungo messaggio.
“Entrerai da sola nella cabina e troverai le calze su una panca. Sono nuove, tranquilla. Ci metteremo in contatto in videochiamata, per cui non sarò presente con te. Non dovrai far altro che indossare le calze mentre ti guardo dallo schermo del telefono. Sarai soltanto tu a decidere, in seguito, se vorrai farmi entrare nella cabina per leccarti i piedi oppure tornartene a casa. Questo sarà veramente l’ultimo incontro, se vorrai”.
Ma cosa si era inventato? Aveva delle fantasie fuori dal normale. Immaginai la scena e di nuovo non ci vidi niente di così pericoloso da fare. In fondo, dopo il primo incontro, sentivo che potevo fidarmi di lui.
“Sei strano, ma voglio accontentarti per l’ultima volta. Se mi prometti che non c’è dietro qualche trappola”
Dopo qualche minuto arrivò la sua risposta.
“Nessuna trappola, ho troppo rispetto di te.”
“Va bene, facciamo questa cosa.” Acconsentii così al suo nuovo progetto.
“Sei scalza adesso Claudia?”
Mi piaceva quando mi chiamava per nome. In pochi danno importanza al nome di una persona, nominandolo così spesso. E si sa, il nome proprio è la cosa più personale e intima che abbiamo.
“Adesso no, ho le scarpe, sono appena rientrata”
“Che scarpe indossi?”
“Oggi da ginnastica, sono andata sullo sportivo questa mattina”
“Le indossi a piedi nudi?”
“No, con dei calzini corti, non indosso mai scarpe da ginnastica a piedi nudi, sudano troppo i piedi”
“Ti va di sfilarti le scarpe adesso?”
“Beh devo fare la doccia, me le sarei comunque tolte fra qualche minuto”
“Allora fallo adesso”
“Come fai a sapere che lo faccio davvero?”
“Semplice, perchè mi fido di te”
Mi piacque la sua risposta e mi slacciai le scarpe per poi sfilarle.
“Le hai sfilate?”
“Si, l’ho appena fatto”
“Di che colore sono i tuoi calzini?”
“Sono corti rosa”
“Li puoi sfilare adesso?”
“Va bene” risposi afferrando con le dita l’elastico dei calzini e facendoli scorrere sui miei piedi, sfilandoli.
“Hanno odore forte i tuoi calzini adesso?” quella strana domanda stava quasi per offendermi quando capii che l’odore, nella chimica del sesso, può provocare piacere. Lo avevo sperimentato io stessa quel pomeriggio in ufficio annusando i miei piedi.
“Dovrei annusarli?”
“Si” fu la sua risposta sicura.
Avvicinai i miei calzini al mio naso e gli diedi l’esito.
“Non hanno un odore fortissimo, ma certo si sente”
“E i tuoi piedi Claudia?”
Annusai i miei piedi e gli risposi
“Sono un po’ sudati, non hanno particolarmente cattivo odore, certo non sono appena usciti dalla doccia”
“Hai ancora quello smalto?”
“No, si era sciupato, l’ho tolto”
“Te li sei mai leccati da sola?”
“Ma certo che no!” risposi, mentendo spudoratamente.
“Vuoi provare a farlo adesso?”
La sua richiesta mi lasciò interdetta. Certo non avrei avuto nessun problema a farlo, mi ero già leccata i piedi da sola in quei giorni. Ma non potevo dargli la soddisfazione di sapere che lo facevo. Dovevo mantenere un contegno, almeno un minimo.
“Non mi lecco i piedi da sola, preferisco me li lecchino”
“In questo momento se fossi insieme a te me li lasceresti leccare?”
“Visto che stiamo solo giocando di fantasia, sì, te li lascerei leccare”
“Sono stato bravo a leccarteli al parco?”
“Molto” fu la mia risposta sincera.
A questo punto temetti che sarebbe finito troppo sull’intimo, accennando al fatto che mi aveva visto sotto il vestito e che sicuramente aveva visto la mia eccitazione tradita dalle mutandine, visibilmente bagnate. Ma non lo fece, era sempre molto discreto in questo.
“Mi fa piacere Claudia” scrisse, nominando ancora il mio nome.
“E a te è piaciuto leccarmeli?” domandai stupidamente.
“Risposta scontata lo sai vero?”
“Si, lo so. Domanda stupida, in effetti” e aggiunsi una faccina sorridente.
“A sabato, allora”
“Va bene” conclusi e uscii dalla chat.