La mattina dopo mi svegliai confusa. La giornata precedentemente trascorsa aveva in qualche modo cambiato il mio modo di essere. Da perfetta moglie fedele ero diventata una donna alla ricerca di nuovi piaceri. Quasi non mi riconoscevo. Forse era solo una crisi passeggera di mezza età, la paura di invecchiare. Avevo solo una consapevolezza in tutto questo. Che mi piaceva, mi faceva stare bene. Forse non era giusto nei confronti di mio marito, questo lo sapevo. Ma lui aveva avuto la sua possibilità di darmi quello di cui avevo bisogno e non aveva capito l’importanza che questo aveva per me. Non aveva colto a sua occasione. L’amore doveva essere anche rinnovarsi, riscoprirsi anche dopo il passare degli anni. Invece lui continuava ad essere un abitudinario, mai aperto a nuove situazioni.
Mi preparai per andare al lavoro, oggi avrei indossato le scarpe col tacco. Niente di esagerato, ci mancherebbe. Diventerei ridicola. Ovviamente niente calze, sempre a piedi nudi. Arrivata in ufficio qualcuno dei ragazzi in laboratorio salutandomi mi disse di notare in me qualcosa di diverso. Risposi che ero esattamente uguale ad ogni giorno, in effetti non avevo cambiato nulla nel mio modo di vestire.
“Saranno le tue scarpe” mi rispose Flavio, un ragazzo sulla trentina che lavorava con noi da circa un anno, “di solito hai le scarpe da ginnastica, stai molto meglio così”.
Fu un complimento che trovai davvero piacevole, più che se avesse fatto apprezzamenti sul mio seno o sul mio sedere.
“Dici davvero?” lo interrogai. “Sto meglio con i piedi in vista?” domandai ancora sfacciatamente.
“Sicuramente” rispose senza indugio. “Hai dei piedi molto belli perchè mai vorresti nasconderli” concluse.
Non mi aspettavo queste sue parole, di solito era un ragazzo piuttosto timido e sulle sue, se era arrivato a fare certi apprezzamenti significava che i miei piedi davvero non passavano inosservati. Andai in ufficio soddisfatta.
La giornata passò tranquillamente.
Quando uscii dall’ufficio incrociai come ogni giorno il centro commerciale e mi venne in mente un pensiero. Se mai avessi deciso di incontrare l’ammiratore sconosciuto che cavolo di scarpe avrei indossato? Feci un rapido inventario del mio guardaroba ma niente soddisfaceva al momento le mie aspettative. Le uniche possibilità che mi venivano in mente erano o troppo vecchie o troppo “caste”.
Decisi di passare dal negozio di scarpe per dare almeno un’occhiata alle vetrine e cercare la giusta ispirazione.Volevo fossero eleganti e al tempo stesso accattivanti. Volevo che il mio piede rimanesse più nudo possibile, ovviamente. Dal momento che non avevo intenzione di farmele togliere, oltretutto in un bar, se davvero doveva accadere almeno che vedesse i miei piedi nella cornice perfetta.
In vetrina non trovai nulla che mi soddisfacesse completamente, decisi di entrare. Cominciai a girare per gli scaffali cercando di immaginare l’effetto che ognuna di quelle scarpe avrebbe avuto sul mio impaziente ammiratore. Quando le vidi esposte in quella nicchia illuminata al centro del negozio capii che dovevano essere loro. Un paio di sandali con un bel tacco alto, doveva essere intorno ai 12, laccetti di colore argento con i brillantini, eleganti e sensuali allo stesso tempo.
Era da tanto tempo che non mi facevo un bel regalo, sarebbe stata la perfetta giustificazione verso mio marito. Un commesso si affiancò a me e da abile venditore mi disse:
“Sarebbero perfette ai suoi piedi. Che numero indossa signora?” mi chiese gentilmente.
Bastarono quelle parole a convincermi. Tornò dopo un paio di minuti con la scatola e mi chiese di accomodarmi che mi avrebbe aiutato ad indossarle. Non ci avevo pensato, un altro uomo che avrà a che fare con i miei piedi. Trovai stranamente eccitante anche questo aspetto non preventivamente considerato. Di solito quando faccio shopping amo fare tutto da sola, ma quella volta avevo a disposizione un maschio a cui avrei affidato, anche se solo per qualche secondo, i miei piedi.
Lo ringraziai per la gentilezza e mi sedetti sulla comoda poltrona a mia disposizione. Lui si inginocchiò e attese che gli offrissi il mio piede per il cambio di calzatura. Cosa che feci volentieri. In quell’istante sperai che il mio piede non avesse cattivo odore, era tutto il giorno che indossavo le scarpe, di solito, quando sono propensa a fare un acquisto di questo tipo, preferisco lavarmeli prima di entrare in un negozio. Ma ormai i giochi erano fatti.
Il ragazzo sfilò delicatamente la mia decolletè e tenendo il mio piede nudo sollevato dal tallone posò la scarpa sul tappeto rosso. Poi fece lentamente appoggiare il mio piedino sulla sua coscia e si apprestò a prendere dalla scatola il sandalo destro. Guardavo il mio piede nudo appoggiato su di lui e di nuovo provai una strana eccitazione. Ormai era evidente che questa situazione stuzzicava ogni volta la mia fantasia sessuale finora recondita. Mi venne per un istante la sensazione di appoggiare sulla sua coscia tutta la pianta del piede, per fortuna quel pizzico di razionalità rimasta mi impedì di farlo. Prese il sandalo e molto delicatamente fece passare le mie dita sotto il nastrino che doveva contenerle. Provai di nuovo una strana eccitazione nel vedere le mie dita con lo smalto rosso ritoccato la mattina stessa sbucare fuori e rivolgersi al suo sguardo.
In maniera molto professionale fece poggiare la pianta del piede sulla suola della scarpa e cominciò ad allacciare il cinturino che mi circondava il tallone e il collo del piede. Fece poi calare il mio piede sul tappeto rosso e mi pregò di potermi far calzare anche l’altra scarpa in modo da provarle insieme.
Entusiasta della proposta gli offrii l’altro piede. Per la seconda volta ancora con la massima delicatezza sfilò la scarpa e di nuovo appoggiò il piede nudo alla sua gamba. Ma stavolta non alla sua coscia, perchè nella posizione in cui si trovava, ovvero inginocchiato con una sola gamba, non poteva offrirmi lo stesso appoggio di prima. Fui io stessa ad anticipare le sue eventuali mosse e appoggiai la mia pianta del piede al suo ginocchio. Quel contatto fu ancora più eccitante. Se prima era solo il mio tallone a toccare la sua gamba, adesso avevo tutto il piede appoggiato al suo corpo.
Prese la seconda scarpa dalla scatola e cominciò ad avvicinarla al piede per calzarlo. Fu in quel momento che mi venne un gesto semplice quanto inconsulto. Poco prima che il la scarpa raggiungesse il mio piede feci ondeggiare le dita dei piedi come a volerle sgranchire e contemporaneamente mi morsi il labbro inferiore, non perchè mi vedesse ma solo perchè fu istintivo segno del mio piacere mentale. Destino volle che lui posasse in quel preciso istante lo sguardo verso di me e certamente vide quel mio gesto nonostante cercassi di fare qualche smorfia con la bocca a mascherare quel gesto inequivocabile.
Abbozzò un sorriso senza proferire parola e con gli stessi movimenti usati in precedenza mi fece indossare la calzatura. Mi fece poi cenno di alzarmi e di provarle. Mi sollevai dalla poltrona e subito ebbi la sensazione dell’altezza. Quei tacchi erano davvero vertiginosi, li avevo già indossati ma non in maniera abituale. Lui rimase chinato ad osservare compiaciuto le scarpe, come a volermi già convincere dell’acquisto. Non ce ne sarebbe stato bisogno. Fece qualche rapido movimento all’indietro per concedermi lo spazio per una piccola sfilata privata. Cosa che feci con piacere. Avere uno spettatore così interessato alle mie zone inferiori mi compiaceva anche se il suo interesse era soltanto veniale. Feci qualche passo con le scarpe e una volta trovato l’equilibrio cominciai a camminare con scioltezza. Mi fermai di fronte a lui come a cercare una sua manifestazione di compiacenza e di nuovo feci muovere le dita dei piedi.
Si fermò qualche istante a guardarli e poi rivolgendomi a me disse:
“Sono state fatte per lei queste scarpe. Esaltano perfettamente i suoi piedi già perfetti di natura.”
Gli regali un sorriso compiaciuto, più per il suo apprezzamento verso i miei piedi che per quello verso le scarpe, ovviamente.
“Le prendo!” dissi convinta.
Lui sorrise nuovamente, compiaciuto per la vendita effettuata. Mi sedetti ancora sulla poltrona e sollevai entrambi i piedi con un sorrisetto idiota che voleva incitarlo a togliermele. Fingendo di recuperare un equilibrio perso diede una rapida occhiata intorno a se; oddio cosa aveva intenzione di fare adesso? Non sarò stata troppo sfrontata da dargli adito a fare pensieri sconci su di me? La ragione ogni tanto riprendeva quota.
Mi sfilò il primo sandalo e tornò a posare il mio piede sulla sua coscia, invece di rimettermi subito la scarpa sfilò anche l’altro sandalo e con la scusa di prendere tempo per risistemare i nuovi acquisti elegantemente nella loro scatola fece appoggiare la pianta dell’altro piede sul suo ginocchio, esattamente come avevo fatto io da sola in precedenza. Continuò a sistemare le scarpe nella scatola argentata mentre io mi ritrovai con entrambi i piedi nudi appoggiati al suo corpo, che mi costringevano a stare praticamente a gambe aperte, quasi in posizione ginecologica.
Fortuna che avevo messo i pantaloni quella mattina, altrimenti da quella posizione sarebbe stato in grado di vedere i miei peli pubici uscire dal piccolo lembo di tessuto, dal momento che quella settimana non mi ero ancora doverosamente depilata, oltre ad accorgersi delle mie mutandine visibilmente bagnate.
Richiuse il coperchio della scatola e prese in mano uno dei due decolletè. Questa volta prese il mio piede in maniera più intima, appoggiando la sua mano aperta sulla mia pianta del piede e avvicino la scarpa alle mie dita. Mi infilò le dita nella scarpa e mentre avvicinava la suola al mio piede fece scivolare la mano lungo tutta la pianta, senza staccarla, come a massaggiarla.
Feci un piccolo quasi impercettibile sussulto e sentii i brividi lungo la schiena fino alle cosce, finché il mio piede vestì la calzatura e lui lo appoggio sul pavimento. Prese nella stessa maniera l’altro piede, ma questa volta appoggiando la sua mano sotto alle dita che adesso sentivo calde, come del resto tutto il mio corpo. Avvicinò ancora una volta la mia scarpa e lentamente me la fece indossare. Posò anche l’altro piede sul pavimento e guardandomi negli occhi mi disse:
“E’ stato un immenso piacere servirla, signora” con un sorriso che diceva più di mille parole, come uno schiavetto che aveva appena finito di adorare le mie estremità.
Ricambiai il sorriso e raggiunsi la cassa compiaciuta. Camminando ebbi la certezza dello stato in cui si trovavano adesso le mie mutandine. Avevo in questo momento in testa una grande voglia, non di fare sesso, ma di scopare nel vero senso della parola. Di essere presa con la forza. Di essere vigorosamente posseduta. Mio marito quella sera avrebbe dovuto dare il meglio di sé perchè là sotto avevo un estremo bisogno di essere selvaggiamente penetrata a fondo.
Rientrata a casa aprii la scatola delle nuove scarpe e le guardai con ammirazione. Mi accorsi che quell’acquisto era la prova, adesso tangibile, che avrei voluto incontrarlo. Non era più soltanto un pensiero, adesso. Ero io ad essermi mossa allo step successivo in maniera quasi inconsapevole. Accesi il portatile e i suoi messaggi erano puntualmente presenti.
“Ci hai pensato?” fu il primo. Guardando l’ora di ricezione mi accorsi che era del giorno precedente, pochi secondi dopo la mia risposta sul fatto di pensarci. Era ironicamente sempre più sicuro di sè.
Il nuovo messaggio era invece di circa venti minuti dopo e diceva:
“Basta che mi dici il giorno, il posto e l’ora”
Pensai mentalmente alle tre risposte da dare, mi venne in mente che quel sabato mio marito sarebbe andato alla solito odiosa battuta di caccia con i suoi inseparabili amici e non sarebbe rientrato fino a tarda serata perchè era solito fermarsi da loro a rimirare le povere prede conquistate.
“Sabato primo pomeriggio” digitai velocemente, indicandogli poi una città a circa trenta chilometri da casa mia, volevo fosse un posto dove ovviamente non rischiassi di incontrare nessuno che mi conoscesse. Mi venne in mente un bar molto carino dove avevamo fatto una apericena con delle amiche per una festa particolare di quel locale. Poteva andare.
“Ci sarò” fu la sua risposta categorica.
“Sicuro che sarai quello della foto? Altrimenti come farò a riconoscerti?”
“Sarò quello della foto, non temere”
“Ricordati che ci incontriamo solo perchè sono curiosa di vedere chi è la persona così sfrontata che si diverte a provocare le povere donne” mentii.
“Certo, tranquilla” rispose aggiungendo la solita faccina sorridente.
“Avrai delle belle scarpe?” aggiunse ancora.
“No, vengo direttamente scalza!” gli risposi con una faccina piegata in due dal ridere.
“Per quello c’è tempo…” concluse, sempre più sfacciatamente.
Come abitudine a questo punto chiusi il portatile senza dargli ulteriori risposte.
E quindi ero stata capace davvero di farlo, ero ancora incredula del mio comportamento, ma quasi sollevata di essermi, diciamo così, “tolta quel dente”.
Quella sera, con mio marito, fui più sfacciata della volta precedente. I nuovi accadimenti della giornata mi avevano lasciata vogliosa ed eccitata. Non indossai nessun abbigliamento particolare questa volta, mi bastava sesso e solo sesso.
Presi Paolo sul divano mentre era intento a guardare non so quale stupida trasmissione, gli misi la lingua in bocca e la mano sul pacco dei pantaloni. Poi lo sbottonai e gli tirai fuori l’uccello già mezzo turgido, gli tirai giù la pelle per far uscire quella punta che tanto adoravo e quando fu tutta fuori, splendida e lucente, la feci sparire completamente nella mia bocca, affondando fino a prendergli tutta l’asta. Gli feci un pompino che credo si ricordi ancora, forse non glielo avevo mai fatto con così tanta foga.
In pochi secondi il suo membro divenne duro come un palo, non avevo ancora intenzione di staccarmi da lui. Gli liberai anche i testicoli dalla costrizione dei suoi pantaloni e cominciai a passargli sopra la mia calda lingua, quando mi impegnavo ci sapevo decisamente fare. Impugnai forte la sua asta e mi fermai qualche istante ad ammirarla.
Nel frattempo riuscì a sbottonarmi i pantaloni e a calarmeli insieme alle mutandine. Ero chinata sul suo membro e lui con la mano da dietro mia carezzava le chiappe e ogni tanto si spingeva fino alla mia fessura ormai bagnata e pronta, stuzzicandomi con il polpastrello il mio grosso “bottone dell’amore”.
Non aspettai che mi portasse in camera stavolta. Mi sfilai velocemente i pantaloni e le mutande e feci lo stesso con lui che adesso era completamente nelle mie mani, come non mai. Mi inginocchiai fra le sue gambe e tornai a prenderglielo in bocca. Lo leccai avidamente in tutta la sua lunghezza, sebbene non fosse mai stata esagerata. Tornai di nuovo verso le sue palle e mi spinsi con la lingua verso il suo perineo, arrivando quasi al suo buchino del sedere.
Sembrava gradire perchè il suo membro raggiunse una durezza che da diverso tempo non avevo rivisto. Fra le gambe ero ormai un lago di umori, non ce la facevo più. Montai sopra di lui a cavalcioni, presi il suo membro e lo puntai decisa verso le mie labbra. In un attimo lo feci piantare dentro di me e cominciai, ansimando forte, a cavalcarlo. Lui godeva come un pazzo e io anche nel sentirlo così presente nel mio corpo.
Mi stava aprendo veramente bene e la mia fica dopo pochi secondi ringraziò inondandolo fino ai testicoli. Fu un amplesso molto forte, probabilmente per tutta la carica sessuale accumulata durante tutta la giornata e rimasta intrappolata in me. Urlai mentre godevo ma non accennai a smettere. Avevo il comando e volevo mantenerlo.
Lo sfilai dalla mia fica e glielo presi di nuovo in bocca. Era bagnatissimo, il mio orgasmo era stato veramente intenso. Sentivo chiaramente in bocca il sapore forte dei miei umori vaginali, che raccoglievo dalla sua cappella e dall’asta come una bambina ingorda di zucchero filato. Tornò rapidamente ancora durissimo e questa volta tornai sopra di lui ma al contrario, con la schiena rivolta verso il suo petto.Nel frattempo lui finì di spogliarmi anche sopra e completamente nuda puntai ancora il suo cazzo contro la mia fica. Appoggiai i piedi sul divano mentre lui da dietro afferrava il mio seno e torturava i miei capezzoli ormai anche loro durissimi. Feci nuovamente sparire il suo uccello dentro di me e cominciai a muovermi velocemente per farlo arrivare più in profondità che potevo.
Sembravo una forsennata. Eravamo entrambi sudati. Mentre saltavo sul suo membro guardavo la sua asta entrare e uscire dalle mie labbra. Cominciai ad accarezzarmi la clitoride, cosa che avevo fatto molto raramente da sola durante un rapporto sessuale. Il mio grilletto era bello duro e titillandolo forte arrivai velocemente al secondo orgasmo che fu potente al pari del primo. Urlai nuovamente e questa volta lui mi accompagno, perchè quasi contemporaneamente mi inondò le pareti vaginali col suo seme bollente.
Mi lasciai cadere con la schiena sul suo petto e rimanemmo in silenzio ad ansimare. Aspettai che il suo pene si ritirasse naturalmente e che uscisse praticamente da solo dalla grotta del piacere. Quando uscì completamente feci appena in tempo a mettere una mano sotto alle labbra per raccogliere tutto il suo sperma che colava fuori dalla mia fica ancora aperta. Accidenti ne aveva prodotto un bel pò quella volta. Mi alzai per andare a ripulirmi e voltandomi lo baciai. In quel momento mi venne in mente l’incontro fissato con lo sconosciuto per qul sabato ed ebbi il primo vero rimorso. Mio marito non si meritava questo. Mi ripromisi che non sarebbe accaduto assolutamente nulla con nessun’altro, non avevo la minima intenzione di tradire il mio compagno. E che sarebbe stao un incontro unico e irripetibile. Punto.
L’indomani mi svegliai ancora soddisfatta dal sesso della sera precedente. La giornata passò tranquilla e spensierata come da qualche giorno non accadeva più. Non pensai neanche più in maniera così ossessiva ai miei piedi. Non che la cosa mi fosse passata, questo no. Ma riuscivo a mantenere molto più la calma rispetto ai precedenti impulsi sessuali. Quando tornai a casa mi ricordai del pc e del pazzo scatenato dall’altra parte della rete. Lo aprii più per curiosità femminile che per voglia. Nessun messaggio. Che strano, forse ci aveva ripensato lui. Ero quasi contenta che potesse andare a finire tutto così. Richiusi il portatile e tornai alle mie faccende domestiche.
Il telefono di casa cominciò a squillare. Sempre nei momenti più indicati, pensai. Sfilai velocemente i guanti e abbandonai momentaneamente i piatti da lavare nel lavandino. Raggiunsi il portatile sul mobile del salotto.
“Pronto?” dall’altra parte avvertii un attimo di esitazione, poi ricevetti in risposta a mia volta una domanda, che mi lasciò interdetta.
“Paolo? ….. ” chiese una voce femminile che sembrava quasi pentita di avermi rivolto quel quesito.
“No sono la moglie, chi parla?” ci fu ancora un attimo di esitazione, di silenzio.
“Chi parla??” continuai a ripetere. Ma la mia domanda rimase senza risposta, perchè dall’altra parte riattaccarono.
Rimani qualche secondo con il telefono in mano. Avvertii una strana sensazione, di quelle che ti inducono a pensare male e a fare bene a pensarlo. Le sensazioni femminili difficilmente sbagliano. Chi cavolo era adesso costei che cercava mio marito e riattaccava sentendo la voce della moglie? Per un attimo mi crollò il mondo addosso. Non poteva essere possibile che Paolo avesse una amante. Ma di colpo le mie certezze di una vita divennero maledetti dubbi. Cominciai a pensare alle possibili soluzioni, magari avevano solo sbagliato numero, un caso di omonimia, può capitare.
Non era tanto l’episodio in sé a preoccuparmi quanto la sensazione che provavo. Sentivo che c’era qualcosa che non andava. Lo avvertivo. Cominciai a girovagare per casa, cercando ogni soluzione plausibile per assolverlo dall’imputazione. Tornai alla cornetta cercando il numero di colei che aveva chiamato, ma risultava stranamente anonimo. Il tarlo del dubbio si faceva strada in me. Cominciai a frugare in camera, tra la roba di mio marito.
Non sapevo neanche cosa stessi cercando, ma cercavo. Non trovai niente di strano, di inusuale. Finché la mia attenzione cadde su un paio di pantaloni da lavoro di mio marito arrotolati in un angolo dell’armadio. Senza sapere bene il motivo li presi. In una tasca trovai qualcosa che mi fece gelare il sangue nelle vene.
Un preservativo. Alla fragola, per giunta! Cosa diavolo ci faceva un preservativo nella tasca dei pantaloni di lavoro di mio marito? Con me non li usa di certo, prendo la pillola da una vita. Collegai ovviamente quell’oggetto alla telefonata ricevuta. Due indizi facevano una prova. Quello stronzo non era così fedele come credevo. Non potevo crederci. Provavo una rabbia che avrei spaccato tutta la casa. Ma non avevo certezze. Non avevo prove inconfutabili. In un attimo di lucidità mi resi conto che la cosa migliore che potessi fare era avere pazienza. Con la rabbia avrei solo permesso di fare qualche cavolata e se davvero mio marito si stesse scopando un’altra avrebbe avuto tutto il tempo di negare o di nascondere altre eventuali prove, se non addirittura chiudere quell’eventuale rapporto clandestino e non avrei mai saputo la verità, vivendo così nell’eterna incertezza.
L’unica via d’uscita per non pensare in quel momento fu quella di accendere il pc. Si, stavolta speravo davvero ci fosse lui. Ancora nessun messaggio, per la prima volta lo cercai io.
“Ci hai ripensato?” gli scrissi senza riflettere, sperando stavolta in un secco no.
Passarono i minuti e aspettavo impazientemente una sua risposta. Forse ci aveva ripensato davvero, voleva solo provocarmi per arrivare all’appuntamento per poi sparire. Ma poco dopo apparve l’icona che mi indicava che lui stava digitando.
“Non potrei mai ripensarci. Non potrei avere mai niente di migliore da fare che venire ad ammirare i tuoi piedini, questo sabato” la sua risposta mi portò momentaneamente a pensare a quello che era successo poco prima.
“Hai già deciso come vestirti?” mi interrogò
“Forse” lo provocai
“Allora dimmi, sono estremamente curioso”
“Neanche per idea, altrimenti che sorpresa sarebbe”
“Adesso fai la misteriosa? Ti sta cominciando a piacere essere tu a provocare?”
Aveva ancora una volta maledettamente ragione ma non glielo feci intendere.
“Io non provoco nessuno e come ti ho detto sarà un incontro solo conoscitivo e tranquillo”
“Basta che non vieni con gli anfibi” mi scrisse aggiungendo la solita faccina sorridente furba.
“Non potrai lamentarti” tagliai corto. Chiusi il pc.
Andai a prendere la scatola delle nuove scarpe e le tirai fuori, ammirandole. Mi piacevano da pazzi. Adesso c’era un’altra questione da risolvere. Come mi sarei vestita? Non avevo la minima intenzione di andare oltre a quello che mi ero prefissata. Voleva vedere i miei piedi e quelli avrebbe visto. Ma certo non potevo presentarmi da stracciona, oltretutto indossando queste meravigliose scarpe. E poi ci tenevo a fare comunque impressione, puro egoismo femminile.
Tirai fuori da cassetti e armadi alcune soluzioni, come del resto ero solita fare ogni volta che dovevo uscire non per lavoro. Sarei stata a piedi nudi quindi ovviamente nessuna scelta di calze. L’intimo sarebbe stato irrilevante, ma guardando alcune paia di mutandine che avevo disteso sul letto scelsi comunque qualcosa di eccitante. Non avrebbe dovuto vederle ma non sarei certamente andata con i mutandoni della nonna. Pur nascosto, anche l’intimo determina lo stato d’animo del momento.
Mi piaceva l’idea di essere spudoratamente provocante anche su indumenti che lui non avrebbe visto. Scelsi proprio loro. Me le aveva regalate Paolo, le avevo indossate solo un paio di volte per uscire con lui. Fino a qualche giorno fa le trovavo perfino un po’ troppo esagerate per me. Un minuscolo tanga con il filo sui fianchi e un sottile filo in mezzo al sedere. Davanti il minimo indispensabile per coprire la natura. Avrei dovuto comunque depilarmi più del solito per indossarle, perchè trovavo comunque stupido che dalla poca stoffa disponibile per coprirmi potesse uscire troppo pelo.
Il reggiseno invece era decisamente più casto, sebbene ricordo mettesse ben in risalto il mio seno. Fino a quel momento avevo pensato di presentarmi in pantaloni, addirittura con i jeans. Ma quelle scarpe meritavano di più. Non dovevo presenziare a un convegno o a una serata di gala, ma avrei fatto la mia figura. Scelsi un tubino nero, perfettamente elegante senza esagerazione. A questo punto pensai di provare il tutto.
Mi spogliai completamente nuda e ricominciai la vestizione. Cominciai con il testare l’intimo, indossai il reggiseno e mi infilai le minuscole mutandine. Fu perfino piacevole sentire quel piccolo filo insinuarsi in mezzo alle mie chiappe. Mi guardai allo specchio e in effetti un ritocco alla “capigliatura” della mia topolina era indispensabile. Usciva fuori troppo pelo.
Indossai il tubino e poi calzai i miei piedi nelle nuove scarpe. Vedermi nello specchio mi fece una ottima impressione. Ero soddisfatta di me e delle mie scelte. Oltretutto i miei lunghi capelli biondi risaltavano ancora di più con quel vestito scuro. Scelsi qualche accessorio adatto a sposarsi con le scarpe e mi ammirai compiaciuta dalla testa ai piedi. Proprio loro, in quelle scarpe, facevano una ottima figura.
Decisi che mi sarei smaltata le unghie di colore argento, magari con qualche brillantino che si combinasse con il luccicare di quelli sulle scarpe. Per questa operazione avrei fissato con la mia pedicure di fiducia, fortunatamente mi ero sempre presa cura dei miei piedi per mantenerli così belli. Erano lisci, senza imperfezioni e le dita affusolate e ben proporzionate. Le guardavo uscire dalle scarpe e muovendole cercai di immaginare cosa avrebbe provato ammirandole.
Quando rientrò mio marito la sera non accenani nulla alle mie nuove scoperte. Poteva essere solo un mio film mentale, ma se ci fosse stato qualcosa lo avrei scoperto, di sicuro. Gli uomoni sono abilissimi nel farsi scoprire quando vogliono nascondere qualcosa. E il mio Paolo non era da meno. Come quando lo scoprii una volta che si masturbava con un film porno in mia assenza. Quando rientrai a casa mi accorsi che lo sciocco aveva lasciato il suo pc con una finestra abbassata dal nome inequivoccabile, mi pare fosse qualcosa del tipo “fammi urlare dal piacere” o qualcosa del genere. Non glielo feci neanche notare, che rimanesse con le sue convinzioni di averla passata liscia.
In fondo non lo trovai neanche così scandaloso che talvolta potesse godere di piaceri personali, gli uomini, si sa, sono così. Praticamente tutti. L’importante era che non facesse mancare nulla a me. Probabilmente hanno sempre bisogno di confrontarsi con altri, un po’ come fanno mentalmente scrutando le dimensioni del pene degli altri durante la doccia del calcetto. Hanno bisogno di conferme per le loro naturali insicurezze. Si sa.